«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

Il Tempo e lo Specchio



Il Tempo e lo Specchio
Nove variazioni sul tema di Alice






...But I don't want to go among mad people," Alice remarked.
"Oh, you can't help that," said the Cat: "We're all mad here. I'm mad. You're mad."
"How do you know I'm mad?" said Alice.
"You must be," said the Cat, "otherwise you wouldn't have come here."





I
Alice nella Tana del Tempo



Precipitare nel gorgo del Tempo
è cosa lieve, se a farlo è l'innocente,
se a narrarlo, in nenia infantile,
è il Poeta che intesse le rime
ai tuoi capelli di lino, come le rose
s'intrecciano sul pergolato - d'Estate.

Precipitare è un gesto bonario,
quasi una tenera divagazione,
nell'illusione di affrancarsi dalla pena
di vedersi strappare uno a uno
i giorni, e gli affetti, così come si sfoglia
la rosa nel vaso, nell'appassire, e morire.

Precipitare quasi senza una fine
nel nero del pozzo della memoria
ingombro d'oggetti e detriti e figure
e spoglie di affetto sepolte da tempo.
Sfidare la fine, che mai giunge,
e quando giunge, é un letto di rose.



Marianna Piani
Plateau d'Assy, 7 Aprile 2014







...“It's no use going back to yesterday, because I was a different person then.”




II
Alice nel Giardino delle Rose



La notte dà, la notte prende.
Giochi di bimbe nel prato assolato.

Ve ne sono di vestite di rosso, come le rose,
oppure di giallo, come piccoli soli
che lampeggiano tra le gramigne
all'alba, oppure anche al tramonto.

E ce ne sono di rosa, graziose
come nastrini che adornano i sogni,
e quelle azzurrine, frullano sciamando
come farfalle, confondendosi al cielo.

Oh, cielo! Ce ne sono poi anche di bianche,
tanto bianche da parere la neve, non fosse
per il profumo d'infanzia e non il candore
bensì la purezza che si portano addosso.

Soltanto tu, tra tutte, sei in nero-violetto,
poiché è il solo colore che t'appartiene,
poiché è il colore che di tutta la luce s'imbeve
e tutta la luce in sé trattiene.

. . .

Il prato presto diviene una selva,
e oltre la selva scorgete le aiuole
dove s'adunano le orchidee orgogliose,
e altere viole, e le eleganti camelie.

Soltanto tu, tra tutte, comprendi
la loro tristezza, la loro mestizia
che non consola: il lato oscuro della bellezza,
l'altra faccia della certezza.

Nell'incoscienza è l'invidiabile gioia.
La notte prende, la notte ritorna.



Marianna Piani
Milano, 6 Aprile 2014









...“I wish I hadn't cried so much!” said Alice, as she swam about, trying to find her way out.
I shall be punished for it now, I suppose, by being drowned in my own tears !”





III

Alice in un mare di pianto


Che dici al navigante, oscillando
sulla cresta candida delle onde
spazzate dal libeccio, frustate
dalla pioggia dei monsoni,
spietati signori di questi luoghi?
Non dici forse di proseguire
a dispetto delle tempeste, dei fortunali,
delle infide secche, e dei sargassi
che impastoiano i timoni?

Quante sono le persone amate,
quanti i pezzi della tua anima,
quanti i brani della tua carne
che hai veduto sfracellarsi su quegli scogli,
incagliarsi ai bassifondi, perdersi
alla deriva nella notte oscura?
Ogni conchiglia che raccogli
sulla ghiaia dell'arenile,
ogni valva che s'asciuga al sole
è un tuo amato bene che t'ha lasciato,
o che hai perduto, o che s'è eclissato.

Meglio perdersi in mezzo al mare
lontana dalle coste, dai porti, dalle cale,
ovunque si celi il nostro insondabile avvenire.
Meglio affrontare onde immense,
e abissi ignoti, e i leviatani, e i fortunali
che sfiancano le murate e divellono le drizze,
meglio vedere la prora che s'inabissa
e risale verticale, implorando al cielo
pietà e perdono, di là dal male,
di là dall'abbandono. Meglio rischiare
di naufragare là dove non v'è salvezza,
meglio gli scogli mortali per noi stessi
che le inaccettabili morti che ci fanno assedio
e gli spettri dei nostri dissolti amori.

Empiamo le rotte dei nostri dolori
poiché sappiamo che mai ci abbandoneranno.
Fuggiamo altre afflizioni, altre disperazioni,
poiché di nuove non potremmo sopportarne.
Ci annulliamo alla barra della nostra chiglia
illudendoci di tenere una rotta qual essa sia.
Ci allontaniamo miglia su miglia
con gli occhi schiusi nel vento di prora
che brucia le ciglia di salso e di pianto.
Il pianto è nulla, un riflesso involontario
che ci annebbia. Il vento che ci investe
viene da un passato già lontano.
O che appena sfioriamo.

Ma quel vento gonfia le vele, e ci spinge
alla sorte... Qui, al largo di Gibilterra,
oltre le bocche di Magellano, oltre
le leggendarie terre Aleutine...
E qui ieri è già domani.

Meglio è piangere, che dimenticare!



Marianna Piani
Milano, 14 Aprile 2014






...“Alice came to a fork in the road. 'Which road do I take?' she asked.
'Where do you want to go?' responded the Cheshire Cat.
'I don't know,' Alice answered.
'Then,' said the Cat, 'it doesn't matter.”





IV

Alice nel bosco insensato


Entrando, non è che un androne di falso marmo,
con finte colonne di gesso alle pareti, bianche,
queste e quelle, e una vetrata che protegge
il nessuno che vi si rintana.

Ho pensato, sulla soglia, come sarebbe freddo
quell'impiantito, a piedi nudi, se vi entrassi.
Ma una mano salda mi spingeva innanzi
senza attendere la mia titubanza.

La foresta era di betulle, querce e ontani,
appena oltre le pareti della prigione, e mi ci perdetti
pensando a quanto amaro fosse il suolo che premevo
e gelido il torrente che mi traversava il passo.

Le figure che incontravo, celate tra le felci
e aggrappate ai rovi, erano bizzarre apparizioni
e sconnesse voci che narravano non richieste
deformi storie d'amore, d'odio e di perdono.

Fasci di luce spingevano dai rami intrisi della notte
fendendo l'umidità dell'alba in mille raggi sfavillanti
e ferivano il mio sguardo che s'adattava all'ombra
e al pensiero di un inevitabile non ritorno.

I custodi e gli officianti mi sfioravano con sguardi
senza volto, e si dileguavano nella macchia.
Soltanto un uomo mi avvicinò con l'occhio sghembo
e senza dir nulla, salvo l'ora, il giorno e l'anno.

Ancora lui era, il tempo: si deposita come argilla
sopra il fondo della laguna, e da questa argilla
io cavo l'impasto per le mie figure, come la bimba
crea strutture colando sabbia intrisa di tra le dita.

Chiedo invano, all'uomo: come si sfugge
a questo luogo dissennato e assurdo, infine?



Marianna Piani 
Milano, 16 Aprile 2014






...“I wonder if I've been changed in the night. Let me think.
Was I the same when I got up this morning?
I almost think I can remember feeling a little different.
But if I'm not the same, the next question is
Who in the world am I?' Ah, that's the great puzzle!”





V

Alice cresce a dismisura


Vi è stato un tempo in cui da seduta,
i tuoi piedini non giungevano a terra,
dondolavano nel vuoto sfiorando in punta
le fredde mattonelle della cucina.

In quel tempo ogni percorso era una sfida,
ogni oggetto era una lontana chimera,
tu salivi i gradini della soglia uno a uno
con l'impegno assorto d'una piccola fiera.

Vissuto è il mondo e il tempo dell'innocenza
sfumata la luce della immotivata gioia,
il tuo sguardo chiaro è rimasto chiaro
ma le ciglia si son fatte ombrose come la selva.

Attendevi con impazienza, con smania quasi,
che sbocciassero le camelie del tuo petto,
quasi ogni giorno guardavi nello specchio
la donna che in te languidamente cresceva:

come la corrente d'un fiume che s'invasa
contro l'alveo della chiusa, come una fiumana
di lava incandescente che scivola pigra,
ma inesorabilmente spinge la volta del sottosuolo.

Ora traboccavi oltre l'erbe alte del giardino, oltre
i platani più elevati, oltre i tetti verticali delle case,
sopra le nubi fino al colmo del cielo,  fino al grembo
del tuo Dio profano, donde finalmente ti guardavi intorno,

sentendoti al sicuro lontano dall'ordinario ordinato mondo.


Marianna Piani
Milano, 24 Aprile 2014






...“If I had a world of my own, everything would be nonsense.”






VI

Alice incontra la Regina


E un mattino il sole riarse, all'orizzonte,
e come un'agnizione illuminò la strada
e poco dopo la tua finestra e infine
la tua fronte.

Poi si mosse, con indolente grazia,
risalendo lentamente il tappeto, il giaciglio,
fino a fermarsi abbacinato sull'onda d'oro
dei suoi capelli.

Lei aveva una mano aperta accanto al viso,
e le labbra schiuse, di velluto come rosa,
il capo reclinato e quella marea che inondava
di maestà il suo cuscino.

Ora sapevi finalmente che eri viva, eri sorta
dal tuo sogno e da un torpore come di morte,
nel tuo giaciglio riposava come una sposa
quella tua dolcissima sovrana.

Ora potevi contemplare quelle guance chiare
e l'orecchio turbinato come una conchiglia, e la perla
che ne ornava innocente il lobo tenero da bimba
era una stilla del tuo distillato amore.

Era un angelo, da dormiente, la tua tiranna,
e tu vegliavi su di lei come una nuvola di pioggia,
attendevi il suo risveglio con trepidante ansia,
sapevi che il tuo cuore ormai era al suo impero,

al totale suo possesso, e tu che non volevi
che essere liberata, su te bramavi quel potere
come un fiore brama e beve con avidità
tutto il sole della giornata.

Giovane fiamma ardesti la notte,
fosti solo luce al mattino.


Marianna Piani
Milano, 29 Aprile 2014







...“Lastly, she pictured to herself
how this same little sister of hers would,
in the after-time, be herself a grown woman;
and how she would keep, through all her riper years,
the simple and loving heart of her childhood”





VII

Alice si risveglia dal lungo sonno


(Or: About Miss Liddell)




I piedi nudi dentro l'erba, una vestina
bianca come la luna, gli occhi ombrosi
sperduti ancora in sogni ambiziosi.

L'uomo la osserva, in completo silenzio,
e con lo sguardo acuto d'un intelletto
troppo vivo, le scandaglia il piccolo corpo

e la mente, invano frugandone il mistero.
Una vampata di rossore le arde allora il viso,
abbassa gli occhi per cercar le farfalle

e i fiori della sua innocenza, e lasciarsi fuggire
nei voli liberi delle parole, tanto leggere
da essere del tutto pure, sfuggenti

per la sua mente di bimba. Ma chiare al suo cuore.
L'uomo adulto narrava, e la fissava intanto dai vetri
delle sue lenti per catturarle le ombre.

Lei temeva che la sua anima fosse rapita,
e tuttavia l'essere Liddell non la soddisfaceva
e preferiva immaginarsi in quei sogni proibiti

in forma di un candido fiocco di bimba, così lieve
da poter attraversare il tempo e ogni dimensione
di spazio senza poter essere fermato da alcuno.

Immaginare, di balzare dal dagherrotipo immobile
e darsi viva alla fuga nei prati grigioscuro,
lei bianchissima inafferrabile nuvola-farfalla,

e così danzare a mezz'aria, senza peso,
ondina dell'aria, faunetta immaginaria,
scintilla tentatrice, ninfella dalla pelle di luna.


. . .

Oh, la mamma: dopo mezzodì discende da lei
nella brughiera, poiché è ormai sera,
e le sistema il fiocco alla vita della vestina.

Rientrando dopo il saluto devoto al reverendo
non immagina neppure, lei, i folli voli della figliola
e nemmeno quanto poco fossero stati innocenti.



Marianna Piani
Trieste, 3 Maggio 2014








...“I'm afraid I can't explain myself, sir. Because I am not myself, you see?”





VIII

Alice ritorna, nel sottosuolo



Vuoi ritrovare il tunnel,
la tana, il budello oscuro
che ti riporti alle brume
del tuo intelletto.

Vuoi ritornare a precipitare
nel pozzo angusto senza fondo,
privo di lume
e senza ritorno.

Vuoi rifuggire
alla tua salute stessa,
se salute fosse
questa gelida pace

che toglie il fiato
al pensiero, voce e grido
al canto, e all'imprevedibile
rimpianto soggiace.

Vuoi che il vento libero
ancora ti prenda e ti disperda
come polvere nella strada,
come petali e foglie

scorticate dai rami
nella bufera, come fumo
sfilato dai camini,
come fazzoletti

agitati nelle mani
di femmine salutanti,
come il volo degli storni
sopra la città sopita.

La città indulgente.
La città languente. E poi,
la gente che formicola.
Nel turbine che la annienta.

Vuoi restar pur viva
nella tua follia,
vuoi essere perennemente
immagine riflessa

nella tua mente, febbre
della tua stessa fronte
spirito trionfante e
mai più mortale poiché

tu sarai per sempre
soltanto il verso
di un incantevole canto.
Di un amaro rimpianto.



Marianna Piani
Milano, 16 Maggio 2014






...“Mad Hatter: “Why is a raven like a writing-desk?”
“Have you guessed the riddle yet?” the Hatter said, turning to Alice again.
“No, I give it up,” Alice replied: “What’s the answer?”
“I haven’t the slightest idea,” said the Hatter”





IX
(Epilogo)

Alice, infine, e il Cappellaio:


E così lui (sì, fu lui) si sedette
al mio fianco, in perfetto silenzio
stette, e posò sulle ginocchia
il suo cappello bianco,
come per significare il suo
dignitoso distacco,
mentre esplorava
con acutissima attenzione
le ciocche dei miei capelli,
nere come penne di corvo,
volatili lucidi e ribelli,
ma inusitatamente in quiete,
poiché quel giorno non v'era
inusitatamente,
un solo alito di vento.

"Ma il vento verrà" disse egli
"senza preavviso", e la sua voce
riecheggiò nel caldo pomeriggio
come un sibilo di tramontana,
e io guardai sotto me
distendersi la valle
con le sue case placide
e i percorsi serpeggianti
accosti al fiume,
cui non appartenevo ormai
da anni, ondina sfrattata quale io ero,
e sentii in effetti, quel vento,
come una mano impetuosa
che mi scompigliava i capelli
e li buttava arruffati
sulla fronte, e sul viso.

Io ragazza confusa, arruffata
come quei miei capelli,
ma sapevo
che era sua la mano
a farsi per me vento, e sapevo
ch'egli amava i miei occhi
perché scuri e densi
(così a volte diceva),
eppure ardenti, come tizzoni
nella brace, dormienti.
"E quando il vento verrà"
diceva allora
"tu sarai pronta?"
E, intendeva: pronta di ardere
all'istantanea fiamma
dell'ardimento e della follia?
- poiché follia e ardimento
bruciano e consumano
del medesimo olio,
nella lanterna.

"E il vento soffierà
con forza, e la fiamma"
continuava, pacatamente
"attizzerà, dando luce
all'ottenebrato mondo"
e io sapevo qual era
il suo dire, non detto:
che quando il vento
si farà più impetuoso, allora
spazzerà la tremula fiamma
ridando l'oscurità
ai miei occhi oscuri.
Ma fino ad allora
avrei goduto il lume flebile
ma scintillante
del mio intelletto.

Si levò allora,
e anch'io mi levai,
in sincronia perfetta,
e guardai le punte
dei miei piedi, ornati
di smalto color vino,
sprofondati nel vello umido
dell'erba novella
color dello smeraldo,
tra le violette incantate
come sottane di minuscole fate,
e pensai per un attimo
al destino, mentre lui,
indossato il cappello,
come un destino andava
in cerca d'un orizzonte.
Questa follia è forse
il mio solo destino?

Occorreva ascoltare
le sue parole, come quelle
d'un profeta innamorato:
perché egli è il Tempo,
sovrumano spietato,
e io la donna
infine.


. . .



Marianna Piani
Milano, 25 Maggio 2014



(Pagina raccolta il 25 Dicembre 2014)

Nessun commento:

Posta un commento

Sarei felice di sentire di voi, i vostri commenti, le vostre sensazioni, le vostre emozioni. Io vi risponderò, se posso, sempre. Sempre con amore.