«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 26 maggio 2018

Fine della memoria


Amiche care, amici
non commenterò questa riflessione, cadenzata in distici brevi, voglio lasciare che dica ciò che sa dire senza mediazione, senza prefazione.
Posso solo dire che parla dell'epoca che stiamo vivendo, un'epoca in cui, con l'esplosione della supernova digitale, e con la crisi irrefrenabile di ogni altro sistema di comunicazione e sapere, sembriamo condannati a un definitivo presente, precluso al futuro, e sempre più sterilizzato, privo di ogni deposito stabile di saggezza, di conoscenza, e quindi di memoria.
La perdita definitiva e irrecuperabile della memoria potrebbe essere la più grande catastrofe di sempre per il genere umano, e ne vediamo già molti inquietanti segnali.

Vi lascio dunque alla lettura, amiche dilette e amici, come sempre, con amore
Grazie per essere qui con me, in queste pagine


M.P.






Fine della memoria


Un tempo fu il pensiero
e la carne e il sangue dell'uomo.

E prima ancora lo spirito fu  -
il dio umano e sovrumano

e la terra - e il fuoco - e il calore -
e il male oscuro - senza perdono

e il vento dell'eterno mistero
celato o rivelato - nella parola.

Poi fu la macchina - il ferro -
il meccanismo - la caldaia - la turbina,

e con questo venne dunque la forza -
dalla diga giù fino alla valle.

Come in un ferale abbraccio -
una luce tale da svanire le stelle.

Infine venne l'archetipo minimo - quello
dell'uno e del nulla - della nulla sostanza

deflorata in una nuvola rara
immensa - di apparenza onnipotente.

Ha più senso la parola - o un cluster
di pulviscolo atomico in viaggio

verso un infinito tanto folgorante
quanto destinato all'oblio?

Di quest'epoca qualcuno dirà
dopo millenni che non saranno di storia

che fu l'epoca questa
della fine della memoria.



Marianna Piani
Milano, 12 Ottobre 2017

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sabato 19 maggio 2018

Lontananze



Amiche care, amici,

ora mi sembra un tempo lontano ere geologiche, ma nemmeno un anno fa ancora vivevo questo amore a distanza, lei mi raggiungeva a Milano di quando in quando - e più di rado perché lavoro e portafoglio non me lo consentiva più di tanto, ero io a raggiungere lei.
Era un amore esaltante, con questi continui distacchi e ricongiungimenti, era come innamorarsi di nuovo daccapo ogni volta.

Ma le lontananze, e le solitudini, proprio io che non ho mai per fortuna nella mia vita sofferto di solitudine, si facevano via via più pesanti da sopportare.
Avevamo questo progetto di iniziare una convivenza vera e piena - io da parte mia anche un progetto di matrimonio che pian piano sono riuscita a condividere con lei che, essendo assai più giovane di me, si mostrava un poco riluttante - ma non sapevamo se questo si sarebbe concretizzato in Italia o in Irlanda.
Personalmente non avevo dubbi sulla scelta, fin dall'inizio, ma lei era (ed è) innamorata dell'Italia, come lo sono gli stranieri che dell'Italia sanno solo il tantissimo bello che il nostro Paese può offrire e trascurano o non sanno il troppo pessimo. Ma poi la situazione da noi si è fatta sempre più irrespirabile, perfino pericolosa per coppie "diverse" come noi, e la decisione è stata presa: sono emigrata io, tanto io dell'Irlanda me ne innamorai durante un viaggio di tre anni fa, prima ancora di incontrare lei e di innamorarmi follemente anche di una irlandese dal pelo rosso e occhi verdi, come nel più puro stereotipo.

Inoltre potevamo sempre tornare come turiste in Italia, che è probabilmente (costi e organizzazione a parte) il modo migliore di "vivere" il nostro Paese - "bello e impossibile" - considerando che io ovviamente, essendo indigena, posso evitare comunque tutte le trappole micidiali tese ai danni dei turisti - e delle turiste ancor di più - straniere.

A quel tempo comunque la solitudine si faceva rabbiosa, intollerabile, ogni volta che la mia amata chiudeva la porta dietro di sé, e sentivo i suoi passi frettolosi scendere le scale e il taxi allontanarsi nella nebbia come in un dramma sentimentale in Bianco e Nero (l'ho accompagnata in aeroporto solo una volta, poi non l'ho fatto più, perché detesto piangere in pubblico).

Mi accorgo adesso di averne scritte molte di poesiole, di volta in volta dolci o disperate, su questa tematica, e mi viene anche la tentazione di raccoglierle tutte in un libretto apposta, che potrei intitolare proprio col titolo di questa cosetta che pubblico oggi: "Lontananze".
Chissà…

Per ora vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, con amore, come sempre, più che mai anzi.
Una vecchia canzone (Modugno) faceva (cito a memoria): "La lontananza sai, è come il vento / Spegne i fuochi piccoli, ma / accende quelli grandi".
Fuoco grande il nostro, un vero incendio!
Auguro di cuore un amore così a tutte/i voi!


M.P.





Lontananze


Ho cercato il tuo nome nel mio nome,
ho cercato il tuo volto
il fuoco dei capelli
i prati e le radure
dei tuoi occhi, ho cercato.

Ho cercato a lungo, ho cercato
nella tua assenza,
ho cercato in me la tua essenza,
la tua vera presenza
pur nell'acre assurda distanza.

Ho cercato le tue mani
riposare ancora sopra il mio seno,
e l'ebbrezza del tuo respiro
mentre le gambe tue - infinite -
si legavano alle mie, avventizie

come radici: ho cercato dentro me
tutto di te, come un riarso altopiano
del Carso cerca assetato nel precipizio
di segrete, e strapiombi, e anfratti
l'acqua pura del fiume sepolto.

È saggio, questo amore?
Oppure è folle, vivere così
di te -  lontano da te -
con te dentro, incisa nel cuore
esposta come una ferita?

«Io non sono te»: è un'illusione
questo confondersi estremo
nella segreta angoscia degli amplessi
rubati al tempo nostro, breve,
troppo breve per non essere vissuto.

Eppure, ora, ora che sei lontana,
ora più che mai sento quanto oro
vero vi è nel dorato frumento
della tua amicizia che, nuda al sole,
nel calore, si è fatta infine amore.



Marianna Piani
Milano, 9 Ottobre 2016


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domenica 13 maggio 2018

Timavo




Amiche care, amici,

nelle mie "care terre natìe", sapete, c'è un fiume che non c'è, se così si può dire. Un fenomeno davvero raro, che mi ha sempre affascinata, fin da bambina.Per comprendere meglio, per chi già non lo conoscesse, di cosa si tratta, cito alla fine di questa pagina l'inizio di un bell'articolo di Pietro Spirito che lo descrive molto bene e in dettaglio.

Ciò che mi ha sempre colpito, comunque, è il carattere elusivo e misterioso di questo corso d'acqua, che è un poco la rappresentazione metaforica del carattere particolare di questi territori e dei suoi abitanti (e anche un poco di me stessa, che lì sono nata e ho vissuto fino alla prima giovinezza), ma anche metafora di un pensiero utopico, come in questi versi scrivo, che si carica dei sogni e illusioni della giovinezza, per poi inabissarsi  e rimanere celato e scorrere in profondità dell'anima per un tempo indefinito, ma è sempre pronto - imprevedibilmente - ad erompere in superficie, e a splendere di luce e purezza. Magari solo per un breve ma splendido tratto di vita…

Vi lascio alla lettura di questo quadretto quasi un paesaggio, se vorrete, amiche dilette e amici, sempre, sempre con amore.

M.P.




Timavo


Lucente, come un filo di perle,
il rigagnolo, alla sorgente.

Così nasce, come ogni fiume,
e la memoria si riempie d'azzurro
e di luce, la luce
e l'azzurro dei monti
oltre le cime dei pini
che fanno corona alla sorgiva.

Non giunge ad essere fiume
che s'inabissa,
portando con sé il suo segreto
in un mondo ch'è tenebra
e silenzio profondo.

Risorge improvviso, alla luce,
con un grido, quasi,
come avesse alla fine trovato
il senso ultimo dell'esistenza.

Rinasce, dunque,
come una speranza,
come un'utopia che non può finire,
e dopo neanche il tempo
di uno sguardo, o di un sogno,
nel mare muore
appagato e colmo.



Marianna Piani
4 Ottobre 2017






"...Il Timavo è fra i corsi d'acqua più misteriosi del mondo, ha due nomi, tre nazionalità e da oltre due secoli alimenta le speranze, i sogni e le ossessioni di quattro generazioni di esploratori e scienziati che tentano di svelarne i segreti. Nell'antichità segnava l'estremo limite orientale tra il mondo romano e le genti illiriche non ancora sottomesse all'impero, secondo il mito è risalendo le sue foci che Giasone in fuga dalla Colchide con il Vello d'Oro riuscì a mettersi in salvo con i compagni, mentre lungo le sue sponde secoli di storia raccontano di guerre e scorrerie, dalle legioni di Aulo Manlio Vulsone in marcia contro gli Istri fino ai massacri della Prima guerra mondiale a ridosso delle foci.

Non è facile dare un'idea immediata di cos'è, di cosa rappresenta, il fiume Timavo/Reka. Nasce in un bosco della Val Malacca, in Croazia, alle propaggini basse del Monte Nevoso, che come una spugna strizzata ne alimenta le infinite polle delle sorgenti. Pian piano, attraversando faggete e piccole valli il fiume misterioso si ingrossa e galoppa sempre più allegro per una cinquantina di chilometri fino a imboccare un corridoio di canyon che lo spinge dritto nelle voragini delle Grotte di San Canziano. Lì scompare, per riapparire alla luce del sole quaranta chilometri più a valle, a Duino, sfociando nell'Adriatico attraverso tre rami insinuati in una terra talmente ricca di storia che sotto ogni pietra si trovano le tracce dell'uomo nel tempo.

Dove vada e cosa combini il Timavo durante il suo lungo viaggio sotterraneo è una sciarada non ancora risolta. Da San Canziano in poi ci sono una dozzina di “finestre” - cavità profonde centinaia di metri - dalle quali ci si può affacciare per vedere scorrere nei recessi della terra le acque scure del fiume senza stelle. Sono abissi, grotte, pozzi - dall'Abisso dei Serpenti a quello di Trebiciano, dal Pozzo dei Colombi alla Grotta del Lago - che rappresentano altrettanti ingressi a un labirinto il cui sviluppo è conosciuto in una percentuale sì e no del 15 per cento. Il resto è ancora da tutto scoprire..."

(Pietro Spirito - 2 Agosto 2014)

http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-libero/2014/08/02/news/dalle-sorgenti-alle-foci-il-misterioso-viaggio-del-fiume-che-non-c-e-1.9700794


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domenica 6 maggio 2018

Sto



Amiche care, amici, permettete che vi presenti oggi un piccolo autoritratto al sole, un po' impressionistico un po' pompier, il sole di una Estate ormai sul finire, già pallida e languida, ma ancora carica di colori e di profumi, giusto un giro di stagioni fa.
Devo confessare che mi piace indulgere in questi acquerelli veloci di me stessa, così come mi piace, per me stessa principalmente, indossare abiti che mi facciano sentire a mio agio, bella e desiderabile. Credo sia parte dell'istinto di ogni donna, questo. Perciò non me ne vogliate, è solo una piccola concessione al mio sterminato narcisismo femminile…

Una piccola nota, diciamo, tecnica, a margine. Qui il titolo, se pur separato come di consueto, fa parte integrante del testo. In altre parole, è titolo e testo insieme. Non mi piacevano quei due "sto" uno di seguito all'altro, così come apparivano se avessi lasciata la titolazione regolare. Per questo, e non per un errore tipografico, non c'è la maiuscola all'inizio del primo verso, che di fatto può essere considerato il secondo della composizione. E di conseguenza a ciò va regolata anche la lettura.

Con amore, sempre, dalla vostra amica innamorata

M.P.









Sto


come in un quadro di Segantini,
antico, figurativo, odoroso d'erba,
d'essenza e trementina: il sentore
della luce che lo pervade
mi prende il fiato, stringe in gola.
Mi lascio andare.

Indosso un abito tra i miei più belli,
a fiorami color pesca, la gonna larga
e generosa come questa campagna,
il corsetto stretto al seno, un abbraccio
che mi compiace.

E mi dà pace.

Siedo, all'antico modo, le gambe
piegate al lato, il dorso accoccolato
sopra un colmo di cuscini d'erba e viole,
le caviglie e i piedi bianchi al sole
intorpidito di questa fine estate
un poco esangue.

Lascio i capelli, che ora porto lunghi,
liberi di agitarmi la fronte e il viso,
cogliendo il mite vento della valle
che risale fino a me recando in sé
aromi umidi e carnali, e intanto
ascolto i lontani suoni del paesaggio.

Essi sono come la voce d'una madre:
non importa quanti anni stai lontana,
quando torni e la risenti, essa risuona
d'una melodia ch'è la purezza
della tua ormai smarrita innocenza,
sfiorita al sole come la tua bellezza.

In grembo ho un libro, non so quale,
aperto, come è aperto il mio cuore,
alla pagina della tenerezza,
leggo il canto di un poeta grande
e lo immagino qui accanto, a sfidare
per me ogni male, ogni nequizia.

Godo per qualche istante su questa terra,
in questo giardino di erbe e viole,
del sottile dolce abbandono d'essere
in quanto donna qui sbocciata,
all'ultimo sole di settembre,
nelle forme vellutate di una rosa.



Marianna Piani
Milano, 28 Settembre 2017

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