«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 21 aprile 2018

Come Preghiera



Amiche care, amici,
scrissi questi versi in un momento di grande scoramento, e i motivi di questo scoramento sono ancora vivi, anzi, se mai aumentati.
Sono versi che, riletti oggi, mi paiono così lontani dal mio attuale momento privato e personale, illuminato dalla presenza di un amore che ha dato un senso ultimo alla mia vita.
Tuttavia, nel fondo, proprio mentre questi versi riscrivo e mi decido a pubblicare su queste pagine, forte riemerge il senso della "inutilità" di quest'atto del "fare poesia", inutilità conclamata bene da Pasolini già più di cinquant'anni fa. Ne ragionai e scrissi, su queste stesse pagine, e più che di "inutilità" parlai di "impotenza" della poesia, impotenza di fronte al Male, alla forza ineluttabile della Morte, dell'odio, della sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
Eppure, oggi sono sempre più convinta che proprio questa sua "inutilità", o gratuità, o impotenza sia la vera forza della Poesia, la sua autentica capacità, alla fine, di incidere nella Storia.
È vero, continuo a pensare che nessuno oggi, dopo Auschwitz, possa più arrogarsi il titolo - e la funzione - di poeta. Sarebbe un atto di estrema arroganza, io credo.
Eppure, la poesia, al di là dell'Uomo, rimane, rimane come testimonianza della nostra continua tensione all'opporci al Male, della nostra rivolta, della nostra volontà di lotta, che quanto più pare disperata, tanto più si rafforza.
È questo - forse - che intendevo quando scrivevo qui di "preghiera".
Non un atto mistico, remissivo, di affidamento passivo e lamentoso a una "Divinità Superiore", ma un atto di Fede, ultima e incrollabile in noi, nella Umanità, intesa come valore, come pensiero, come ideale da perseguire, come amore.

Amiche dilette, amici, come sempre grazie, grazie infinite per il tempo che mi dedicate, vi lascio alla lettura…
Con amore

M.P.







Come Preghiera


Non dirò mai
"sono un poeta":
a cent'anni dal grande cantore
dell'Autunno della Ragione,
ora, al mondo
non vi è più alcun poeta.
Solo la poesia - nuda - cruda -
rimane.

Ora è l'inverno:
rinsecchito è il fusto
della Storia.
Prima, scrisse qualcuno,
prima di Auschwitz,
ancora la Storia narrava di sé,
d'umanità, e il suo canto
era la Poesia dell'Uomo.

Ora, dopo Auschwitz,
l'umanità ha appreso
tutto l'orrore della morte,
e nulla, nella morte
potrà mai essere canto,
il canto d'un Uomo.
Rimane, non più innocente,
la nuda poesia soltanto.

Ora, che al mondo
nessun umano vivente
che sia sano di mente
può esser poeta,
soltanto un senso è rimasto
alla poesia:
quello d'essere spesa
come preghiera.


Marianna Piani
Milano, 30 Settembre 2017



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sabato 14 aprile 2018

Cucciola di donna



Amiche care, amici,

permettetemi di pubblicare questa piccola "canzone" dedicata alla mia fiamma, scritta diversi mesi fa, quando eravamo ancora lontane dal concretizzare il nostro sogno.
È un rapporto strano il nostro, fisicamente così diverse, quasi opposte quanto a gusti e stile, lei sempre casual, studiatamente trasandata, con quelle tenute un poco eccentriche, da musicista, da artista bohémien, io con i miei vestitini italiani, le mie scarpe coi tacchi, proprio io che ho sempre cordialmente detestato lo "stile boho"…
E con uno strano incrocio di ruoli, lei sensibilmente più grande di me, sebbene abbia dodici anni meno, mi segue come una paperella segue la mamma, d'istinto attratta dal mio spirito materno, me nello stesso tempo, giustamente, spinta a ribellarvisi. Io, piccola e (apparentemente) fragile tendo d'istinto a difenderla, a proteggerla, poi celo l'ansia perché so che l'irriterebbe.
Eppure, ne sono certa, queste differenze sono ciò che in ogni coppia felice salda l'unione.
Perché poi, miracolosamente, nell'intimo dell'unione d'amore ogni differenza, ogni contrasto di luce e ombra, si annulla, e assieme, solo quando siamo assieme, per incanto troviamo un perfetto equilibrio.

Amiche dilette, amici, vi lascio alla lettura, se lo vorrete, con amore

M.P.





Cucciola di donna


Son piccina, è vero.
E tu sei alta:
mi sopravanzi quasi
d'una testa intera. Eppure
sono io che di te
mi predo cura, sono io
che ti proteggo, quasi
come una mamma, dici,
e un poco sbuffi,
con quel certo accento
d'impazienza.

Amarti, cara fiamma,
è anche questo,
guardarti andare via
celando il pianto
perché tu non veda,
trasalire al tuo passo
sulle scale, tremare
al pensarti via da me
ad affrontare il crudo mondo
senza la mia difesa,
star con te
per quanto tu sia lontana.

Le tue mani sono grandi,
mani grandi, dico sempre,
da musicista;
le mie, minute –
tu mi dici, da bambina
imbronciata –
sono armate e pronte
al graffio e al morso
perché nessuno al mondo
ti ferisca.

Fragile la mia cura,
eppure è salda e forte,
quanto sei forte e salda tu
da femmina spavalda,
come alta alzi fiera
la fiamma della tua chioma
mentre lasci
che il mondo tuo t'applauda;
intanto attendo il tuo ritorno
con l'ansia stretta in gola
e l'orgoglio di chi ammira e ama
la sua cucciola gloriosa.
 


Marianna Piani
Milano, 28 Agosto 2017

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domenica 8 aprile 2018

In mezzo al prato


Amiche care, amici,

un paesaggio con figura...
Il paesaggio: il prato davanti a casa, al mio amatissimo buen retiro, al Lago Maggiore.
Il tempo: la fine della scorsa estate, quando tanti sogni erano ancora da venire, e parevano davvero troppo, troppo lontani da realizzarsi.
La figura: me stessa, la sognatrice…

Con amore, sempre!

M.P.







In mezzo al prato

Cosa c'è di più scontato, di più
banale di quest'immagine di prato,
di questo tenero paesaggio
che s'affaccia alla mia finestra,
qui, al mio lago argentato?

Laggiù, un ciuffo d'alberi ribelli
come la capigliatura d'un ragazzo
un poco tormentato
sporgono al limite del poggio, sotto
siepi folte a non finire
e quella timida foresta
che s'affronta ai primi tetti del villaggio.

Quassù, spira una brezza lieve
fresca di profumo di betulla,
recando con sé il mormorio un po' cupo
dell'autostrada che scorre a valle
come un fiume artefatto, di metallo:
da qui tutto pare incongruo,
estraneo alla natura di questo luogo.

Oltre il margine delle chiome altere
dei lecci centenari sulle rive
appare la luce intensa e tremula
dell'acqua nel bacino, che mi abbaglia:
pare tanto lontano
quell'autunno un po' schivo
che non si fa vedere ancora.

Ma domani la tempesta
che s'annuncia dal vibrare
ansioso delle foglie, e dai voli
folli delle folaghe a pelo d'acqua,
caccerà la lunga estate come se
non ci fosse mai stata.

Me che importa questo ora?
Il sole è così sincero, piano cala
come un velario rosso sulla valle;
il mio sguardo assieme a lui risale
il prato, non più fiorito -
ma ancora illeso, teneramente.

Scendo, nel giardino, per sposarmi
con gli steli e l'erbe smeraldo, indosso
una veste bianca, che mi piace
perché mi dà pace,
la gonna ampia cattura il vento
e si compiace,
il bustino è stretto al petto
e mi disegna bella
forse più di quanto sono.
Ma l'illusione così mi appaga,
e dunque mi consola.

Lascio le scarpine basse
poco fuori l'uscio
della mia piccola prigione e reggia
e m'inoltro nel giardino
scalza tra la gramigna, come dice
usino far le fate.

E dentro l'erba fresca infine seggo,
dipingendo attorno a me un grande cerchio
con la gonna, le braccia nude in grembo;
e se sopra me mi sporgo vedo
come io appaia uno strano fiore alieno
atterrato su quel terreno, proprio
in mezzo - in mezzo al prato.



Marianna Piani
Nebbiuno, 8 Settembre 2017

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lunedì 2 aprile 2018

Prima Primavera



Amiche care, amici,

una donna in amore, quale sono io ora, dimentica, trascura, abbandona tutto, ogni cosa, si lascia andare in un vortice di sensi e azioni attorno al solo centro gravitazionale della sua vita, in quel momento, il suo amore.
Così è anche per ciò che di più essenziale vi è al mondo, per me, la poesia, e anche per questo incontro periodico qui, con voi, che avete la pazienza e la bontà di soffermarvi su queste pagine a leggere i miei pensieri, e che ho trascurato, colpevolmente.
Perdonatemi.
So che mi perdonerete, per la mia sincerità.

Ma essere innamorate è anche rompere gli schemi, è una rivoluzione della propria vita, una rivolta alle convenzioni e alle abitudini, è un rinnovamento, una rinascita; e così anche qui, oggi, questo per voi voglio fare.
Non pubblico mai - come sapete - un solo verso prima che sia passato del tempo, anche molto tempo, prima di aver avuto il modo e la lucidità di riprenderlo, rielaborarlo, se necessario anche stravolgerlo del tutto. E mai pubblico ciò che ho appena scritto, magari di getto, mai alla prima stesura.
E non pubblico quasi mai versi così direttamente occasionali, come questa cosetta che esplicitamente intitolo alla Primavera che inizia appunto in questi giorni, clamorosa e luminosa come non mai.
Ecco. Oggi faccio eccezione. Cento eccezioni. Lo voglio fare, perché mi sento felice, così come sento felici questi ultimi versi, non sento nemmeno la necessità di rileggerli, perché parlano semplicemente di sensazioni che ho provato, che sto provando, perché sono nudi e sinceri, e veri, e parlano di me e di colei che amo, direttamente, senza "letteratura" o orpelli di stile. E l'amore che provo è tutto ciò che ho da dire, e da condividere con voi, amiche dilette, amici cari. Forse me ne pentirò… No non me ne pentirò: dell'amore non ci si pente, mai.

Perciò, per tutto ciò, ecco una poesia d'occasione, dedicata a colei che amo, a lei che, cattiva! non legge mai le mie poesiole…

Con amore

M.P.





Prima Primavera


Spalanco l'uscio di casa,
esco, quasi irrompo nel porticato:
il rigoglio precoce delle foglie
d'edera a cornice m'accoglie
come una sovrana salvatrice
del suo caro regno, e intanto
in disparte so che sta mia moglie
e m'osserva con la sua dolce
indulgenza amorosa, silenziosa.

È già tempo di gambe nude
e calze a sopire nel cassetto,
di vesti lievi che rivelano
più di quanto vogliano coprire,
del sentire la carezza delle gonne
che accolgono nell'intimo la brezza
eccitante e satura di voluttà
della natura che sospira di bellezza -
é tempo di obliare ogni volontà.

E così sia: per questo giaccio
abbandonata sul vimini a guardare
il cielo, che si svela azzurro
come un vaso di porcellana,
di quel blu banale, da dipinto
dozzinale da mercatino turco,
eppure così sereno da comunicare
serenità e quasi oblio del mio male
d'anima, che oramai è nel passato.

Sento intanto il verde del suo sguardo
indugiare tra i miei capelli sciolti,
e sulla fronte appianata (finalmente),
e poi discendere con grazia
e perfetta innocenza alle mie labbra
ancora umide di baci, e fermarsi
come in rapita contemplazione
sul balcone del mio seno, laddove
sotto palpita più tenero il mio cuore.

Darei un battito di quel cuore,
un intero battito per sapere
ciò che pensa ora la mia compagna:
forse è tanto immersa nella bellezza
di questo istante rubato al tempo eterno,
da non vedermi neanche... Oppure, oppure
vede di me ciò che di lei io vedo,
una fiamma che arde come vessillo

al nostro primo primaverile amore.


Marianna Piani
Ovunque con te, 01 Aprile 2018

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