«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

domenica 25 febbraio 2018

...a mai più tornare



Amiche care, amici,

questo che segue potrei definirlo un autoritratto in versi, anche se sfuggente e vago, proprio come l'immagine che ho di me stessa.
Quante volte, davanti allo specchio, mi sono chiesta: quella donna, oltre il vetro, sono proprio io?

Cosa, quanto c'è davvero di me in quell'immagine riflessa, dicono, in modo del tutto oggettivo e freddo, in base alle leggi universali dell'ottica e della geometria? Davvero è un gesto narcisistico, di segreto autoerotismo, il mio affacciarmi a quella me stessa riflessa, o non nasconde invece una profonda, disperata insicurezza? Vedo ciò che sono, o piuttosto ciò che vorrei essere? Quegli abiti eleganti, quei capelli ben curati, quel trucco leggero ma sapiente, sono gesti di compiacimento e vanità, volontà di seduzione, o non piuttosto un modo per celarmi al mondo, per far sì che la mia femminilità, con tutta la sua fisicità, faccia da schermo, come una maschera, alla mia estrema fragilità interiore, al mio dubbio d'essere profondo? Tutta quella attenzione quasi maniacale al dettaglio, tutto il tempo che dedico alla cura del mio aspetto, quello stesso rimirarmi - e torniamo allo specchio - prima di uscire per un'occasione importante, o anche, se pur meno e più alla svelta, tutti i giorni, rivela una volontà di essere ammirata, desiderata, magari perfino invidiata, oppure non è che un modo per consentirmi semplicemente di uscire e muovermi tra la gente, nonostante tutta la mia trepidazione, la mia ansia lancinante, la voglia che avrei, piuttosto, di rimanermene nel mio letto, ricantucciata, protetta, magari abbracciata stretta al mio amore, forse per sempre - e nient'altro?

Amiche dilette (soprattutto voi, oggi), amici cari, vi lascio a queste riflessioni, se vorrete, con amore.

M.P.






...a mai più tornare

A
lla finestra, chiusa - fuori è buio -
vedo riflesso il mio ritratto, un flebile
raggio, tenue nelle forme e nel colore.

È un lampo appena, ma son pur io
quella donna dagli occhi troppo grandi
e ombrosi, il viso candido e lucente.

Sono io la donna che intravvedo,
le labbra un poco schiuse, illuminate
dal rosso fuoco del rossetto mio

prediletto. Sono io, quella femmina

fiera, busto eretto, nel mirabile
squilibrio dei suoi sandali a stiletto.

Eppure ora, ricusando
da riconoscer me stessa,
mi accingo a fuggir lontano.

Lontano ovunque sia, via,
pronta a un viaggio ineludibile
nel dolore, disposta forse

a mai più tornare.



Marianna Piani
Milano, Luglio 2017.
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sabato 17 febbraio 2018

Scogliera



Amiche care, amici,

una breve lirica di passione, memoria di quando, bambina e poi adolescente, mi affacciavo sulla riva del mondo e sognavo di spiccare il volo, per andare chissà dove, purché via, lontano, con quello spirito da migrante che ogni nato in una terra di naviganti istintivamente ha dentro di sé, incoercibile e sano.

Da ragazza volevo presto essere donna, anche perché dalle mie parti c'è stato sempre un che di fiero e orgoglioso nell'essere nata femmina, forse la cultura mitteleuropea in tema di emancipazione è sempre stata un poco più avanti di quella mediterranea, e forse c'è nella mentalità  delle donne nate lassù, in mezzo a traffici e commerci e letteratura, un senso più spiccato di appartenenza a un genere "eletto", una indipendenza e riconoscimento maggiore in confronto con gli standard di altre regioni d'Italia.
Fatto sta che io mi sono sempre sentita fiera e fortunata di essere nata donna, e avevo fin da piccina una gran fretta di manifestarmici in pieno, fiera e libera, intellettualmente e spiritualmente, come lo fu la mia mamma, con il suo grande esempio di artista, intellettuale e lavoratrice.

Non sapevo, allora, quanto di quella scogliera bianca sopra un mare mite, capace solo di quando in quando di piccole furie infantili, che si figurava come me di essere oceano, quanto di quei luoghi e di quello spirito mi sarei portata appresso, per sempre. Senza nostalgia o rimpianto. Ma con la persistenza di una radice tenace e inestirpabile.

Con amore
M.P.






Scogliera


I roccioni calcarei, soli, candidi
e spaccati come ossa snudate,
infitti ciechi sopra il mare
che li bagna di onde scarmigliate.

I gabbiani che non hanno pace.
Forse abbisognano di un momento
di riflessione, prima di gettarsi
a capofitto nella loro rotta

oceanica, mentale se non reale.
Io come loro, spalanco le ali,
ali piccine, fragili, da pulcina,
e ci provo, a volare, sopra il mondo.

So che sarò una donna, un giorno,
e marcerò su gambe lunghe e rette,
avrò un seno fiero e generoso,
e infuocate labbra rosse d'amore.

Sarò spiata, concupita e odiata
per la bellezza ostentata o segreta,
sarò più sola quanto più ammirata.
Ma avrò sempre la forza per volare?


Marianna Piani
30 Luglio 2017
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domenica 11 febbraio 2018

Vento di mezzanotte



Amiche care, amici,


alcuni di voi, che mi seguono da tempo, forse avranno osservato che in queste ultime settimane non sono stata puntualmente presente in questo piccolo spazio che condivido con la vostra cara e amichevole attenzione.

Molti sono i motivi, in realtà. Certo il lavoro, quello che mi dà da vivere intendo, che si è fatto stringente e terribilmente pressante, una situazione aggravata dalla mia salute, che per tutto il mese di gennaio è stata "travolta" da un guaio al mio, diciamo, apparato riproduttivo, e che mi ha letteralmente steso per una quindicina di giorni, costringendomi poi a recuperare affannosamente il tempo perduto: nel mio "mestiere" non è concesso ritardare una consegna, se non in caso di morte.

Si aggiunge poi una mia crescente inquietudine, per usare un eufemismo, per la situazione che si sta creando, dopo il malaugurato avvento di trump in USA, con la riemersione di spettri che pensavo ormai sepolti sotto le macerie ella Storia. Mi sono sentita chiamata a un nuovo e più fattivo impegno personale, perché non potrei mai perdonarmi di non aver fatto tutto il possibile, fosse anche di "imbracciare le armi", per difendere quel poco di positivo che decenni di faticose graduali conquiste si è fin qui ottenuto nel campo della Giustizia, della Libertà, dei Diritti Umani, della Democrazia, e invece assistere passivamente, qui e in Europa, al riaffiorare di ideologie di odio, razzismo, xenofobia, omofobia, violenza, amorosamente accudite da forze "politiche" populiste o francamente di destra profonda. Mettendo in crisi profonda un sogno Europeo che io continuo a pensare come l'unica possibile ancora di salvezza per non sprofondare nel disastro di un nuovo, tossico nazionalismo.
Le ragioni di questo precipizio ideale, politico e morale sono molte, e investono anche responsabilità della mia "parte politica", inutile nascondercelo, ma questo significa che il tempo della tolleranza senza distinzione, del farsi i fatti propri, dell'astrarsi nell'arte per l'arte, del non  "sporcarsi le mani" sono finiti, almeno per me, ecco.

Ma c'è di più, ed è qualcosa che investe proprio direttamente il mio lavoro di scrittura, come riesco ad esprimerlo su queste pagine:
mi trovo nel mezzo di una crisi profonda e radicale del mio "far scrittura", che mi ha costretto a un intenso lavoro di studio, rilettura, revisione e rielaborazione della mia "lingua" poetica (se mi si concede l'onore/onere di questa definizione).

In parole più terra-terra, una gran parte del mio lavoro precedente non mi soddisfa più, lo trovo ormai lontano dalla mia ricerca attuale, insomma, "non mi piace". Di conseguenza, da una parte sto eliminando tout court una bella fetta della mia produzione più datata e ancora inedita, che non vedrà mai la luce, dall'altra il mio lavoro di revisione dei (non molti) testi che considero ancora degni di essere sottoposti alla vostra attenzione è divenuto più laborioso, lungo, a volte doloroso.
Come alcuni di voi forse ricordano, io non pubblico mai (salvo pochissime eccezioni) testi al tempo della loro prima stesura, ho bisogno di "decantare" la "ispirazione" iniziale - ponendo in mezzo un bel lasso di tempo, anche diversi mesi, come si può evincere dalle date che riporto in calce ai testi - in modo da avere la necessaria "distanza critica" per poterne giudicare obiettivamente (insomma, il più obiettivamente possibile) il loro valore per "meritarsi" una pubblicazione, innanzi tutto, e poi per poter operare una revisione sufficientemente serie e rispettosa nei confronti di chi avrà la voglia di leggermi.
Per questo, mentre in questo periodo sto scrivendo seguendo l'andamento attuale della mia ricerca, i testi che pubblico appartengono a una fase ormai in qualche modo "superata", e dato che ho iniziato a mettere in crisi i fondamenti stessi della mia scrittura,  i testi che riescono a superare le maglie d un vaglio che si è fatto molto più severo sono numericamente sempre più scarsi. Fino al punto, come mi è capitato in queste ultime settimane, di spingermi a rinunciare del tutto a una pubblicazione che ancora non mi convinceva.
Capiterà di certo ancora, e per questo vi prego di aver pazienza, e di non abbandonarmi, se potete, anche se di quando in quando non riuscirò a raggiungere l'eccellenza (relativamente alla mia scrittura, beninteso, non certo n senso assoluto) che vorrei potervi sempre offrire, o se dovrò saltare ancora qualche appuntamento.

Oggi vi propongo una lirica di memoria, scaturita da una nottata di vento forte, evento raro nella città di adozione - Milano - ma che è il carattere quasi distintivo della mia "patria d'origine", Trieste.

Sintomaticamente, scrissi questi versi il giorno del mio quarantaquattresimo compleanno (ecco, ora sapete)

Con amore

M.P.





Vento di mezzanotte

(Che dici, che non fosse già detto,
in questo giorno strano, contraddetto,
ti richiamerò, forse, anche se
è troppo tardi ormai, oltre l'una.)

Dimmi che questo vento proprio oggi,
questo vento così raro qui a Milano,
che si fa sentire ora percuotendo
sulle imposte, sarà forse un caso?

Oppure è una specie di richiamo
alla memoria? La voce rauca
del vento delle mie terre che s'abbatte
contro il mare, furioso, come un falco


in caccia, o gaio a volte come un bimbo
che fugge dal cancello della scuola
vociando, senza fiato, scalmanato,
ebbro della riavuta libertà.

È il vento del mio passato, che mi parla
di tutto ciò che ho perduto e non potrò
mai più riavere, è giunto fin quaggiù,
in questa terra senz'orizzonte sgombro

a dirmi tutto ciò che io credevo
del tutto ormai scordato, anche
degli amori consumati in fronte all'onde
di quel mare innamorato, lui,
 

del sole che bruciava la nostra pelle
e ardeva il cuore e il dolente seno
adolescente, mentre il bacio
bruciava le nostre anime nel peccato.

Era forse proprio questo stesso vento
ad attizzare il desiderio come il fuoco
in una macchia di pruni aridi del Carso,
questa passione così colpevole

così del tutto inevitabile, un destino:
il vento che oggi ha percosso
le mie persiane, qui a Milano,
è il vento dell'adolescenza

che viene in visita quaggiù,
per dirmi solo una parola
alla mia inquietudine d'esiliata,
e poi lasciarmi qui - abbandonata.



Marianna Piani
Milano 26 Luglio 2017
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