«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 28 ottobre 2017

Ma ti amo


Amiche care, amici,

ho esitato a lungo prima di decidermi a pubblicare questa poesiola, per la sua estrema intimità, scritta nel tentativo di cogliere dalla memoria l'attimo dell'incontro tra due persone proprio mentre si innamorano una dell'altra, e, superando di colpo ogni barriera, gettano la propria vita ciascuna nelle braccia e nella carnalità dell'altra.
La poesia è nata in un attimo, felice e del tutto libera, ignorando ogni pudore, poiché il pudore è un sentimento che non rinnego, anzi amo, ma che non ha spazio tra chi con passione si incontra e per passione si sceglie.

Poi ci lavorai per diversi mesi, per renderla sempre più concentrata, immediata, per toglierle possibilmente ogni traccia di retorica, e di sentimentalismo. Per ottenere una composizione d'immagine, non di parola.
Volevo raffigurasse l'incontro di due corpi e di due anime, come un'istantanea presa con un otturatore a un millesimo di secondo, volevo esprimesse la gioia e insieme la completezza assoluta di un incontro, semplicemente, pianamente realizzato.

Poi la sentii così personale e segreta, così rivelatrice dell'anima, che, come dicevo prima, pensai di tenerla tra me e la mia compagna, come ho fatto e faccio con altri componimenti molto segreti e personalissimi.
Ma poi, alla fine, rileggendo, ho sentito che dietro, anzi, al di sopra di questo personalismo e questa intimità vi fosse una universalità che mi piace condividere con voi, miei pochi e carissimi lettori e lettrici, perché forse, parlando dell'amore mio posso trovare una sintonia con gli amori vostri. Perché, come dico sempre, l'amore è amore, la passione è passione, senza distinzione.  È in questa sintonia che si esprime tutto il miracolo di una composizione "riuscita". Ed è nell'amore, e più che mai nell'amore appassionato, in cui noi esprimiamo intera la nostra umanità più vera e profonda.

Grazie di cuore amiche dilette e amici cari per la vostra affettuosa attenzione.

Naturalmente, con amore
M.P.






Ma ti amo


Mi dicesti: "ma ti amo"
con quel viso da bimba
imbronciata, e io
credetti e ti cedetti: come fare
a non credere all'innocenza –
e a non cedere alla tua incoscienza?

Poi, semplicemente,
ti liberasti della tua maglietta,
e attendesti che io accarezzassi
quel tuo bel seno, candido e carnale
con due roselle scure al colmo,
perfetto, come un marmo del Canova.

Piano presi tra gl'incisivi quei bottoni,
quei due boccioli che di miele sanno,
e tu t'inarcasti sussurrando
il mio nome, lento e piano:
Ma-rian-ne, cadenzasti maliziosa,

per un vezzo tuo pronunciandolo
in francese, mentre io
ti discendevo tutta
palmo a palmo fino
a quel mio palmo ultimo

                      di paradiso.




Marianna Piani
Milano, 21 Aprile 2017
.

sabato 21 ottobre 2017

Lei che parte



Amiche care, amici,

ecco, viene il giorno della partenza, del distacco, della lontananza. Viene sempre...
Non so farmene un'abitudine, non so accettare la solitudine che dopo si impossessa della mia vita, non so non piangere agli aeroporti, o alle stazioni, non so sentire il gelo dopo il calore dei giorni, delle ore trascorse tra le sue braccia, non so consolarmi nel pensare che presto tornerà…
In amore, come per i bambini, conta ciò che è ora, adesso, il passato non c'è più, il futuro non c'è.

Per tutte voi, amiche dilette, e amici, che amate chi vi ama…

M.P.





Lei che parte


È l'ora: e lei parte.
Non la seguirò all'aeroporto,
solo un bacio in fretta nell'alba
ancora madida di notte,
mentre un Roma 48 attende
fermo al nostro androne.

Non sarò con lei all'imbarco
a frignare tutta sola
sotto il pannello che s'aggiorna.
Resto piuttosto sola a casa,
a fissare una parete vuota
per un quarto d'ora ancora.

Sono le cinque scarse,
vorrei dormire, non pensare.
Non è per lei che però mi sento
così deserta e priva di pensiero:
ho l'amore, ho chi mi ama,
dovrei essere d'animo ricolmo.

Invece io mi sporgo
alla finestra del mio cuore
e vedo il vuoto, sotto di me
soltanto un severo vuoto,
Come un mare immoto
che mi chiama a sé insistente.

Oh, tuffarsi in questo mare!
Oh, lasciarsi andare
nelle onde gelide e profonde!
Oh, confondere i capelli
con le nere alghe, le falde
della mia veste con le meduse!

Oh, fermare il tempo della giovinezza,
farsi ritrovare, come una medusa
esanime sull'ultima battigia,
il volto al sole, la giovane bellezza
ancora intatta, la purezza
dell'anima ancora immacolata!

Penso che questo sia un privilegio
riservato all'anime più coerenti
e più dotate di coraggio.
Io so solo rimanere
aggrappata a questa vita
come un'ostrica allo scoglio.

(Non è, non sarà la prima volta
che un'amante lascia l'amore
per un'ora, un giorno,
o una vita intera: accade,
accadde, accadrà ancora.
La vita pare un valzer senza senso.)

Nel buio dell'aurora
che tarda ancora, canto a mezza voce
(chissà perché) una melodia d'Irlanda
che lei m'apprese, e intanto conto i tocchi
dei suoi tacchi sui gradini
come i rintocchi d'una condanna.

Ferma, ascolto: la vettura mormora
sotto il balcone e si allontana presto
nella caligine dell'abbandono.
A breve, il volo, e tra non molto
ci saranno mille miglia almeno
tra me e la mia vita.

La mia vita è in quel volo,
la mia anima nel suo petto,
il mio pensiero
è nel suo sguardo: qui da sola
sono solo una cosa sola,
sono solo una cosa morta.



Marianna Piani
Milano, 3 Maggio
.

mercoledì 18 ottobre 2017

Il tuo sguardo


Amiche care, amici

Pubblico oggi una lirica dedicata all'amore della mia vita, che vorrei condividere con voi.
Ho scelto di liberare il verso in un componimento in forma chiusa, affidandomi a una musicalità "antica" per esprimere sentimenti e sensazioni antiche e senza tempo, e ho cercato di sbozzare un ritratto vivo della persona, partendo da ciò che fin dal primo incontro mi ha colpito, affascinato, soggiogato: lo sguardo, il suo modo indagatore, severo, eppure dolcissimo e innocente di guardarmi, dritta negli occhi.

Ma voglio lasciare spazio ai versi, poiché altro, o di più, non potrei dire.

Con amore

M.P.




 
Il tuo sguardo


Sempre tenero, chiaro e variato,
il tuo sguardo sul mondo,
ha proprio il denso colore del prato
il tuo occhio profondo

pur sempre così inondato di luce,
ansioso di scandagliarmi la mente
incapace di mentire, incapace
di ogni pudore, eppure innocente.

Al destarsi del giorno
tra i viali, le buie corti e gli androni
questo tuo sguardo piano

indugia sul mio viso, adorno
delle tue emozioni
e mi prende per mano.

Assieme seguiremo questo raggio
nostro di luce, con fede, e coraggio.



Marianna Piani
Milano, 26 Aprile 2017
.

sabato 14 ottobre 2017

Tra non molto



Amiche care, amici,
ritorno alla mia "ispirazione" preferita, una schietta, semplice poesia d'amore, anzi, di passione, non temo di ammetterlo.
Io e il mio amore abitiamo. viviamo, lavoriamo lontane, e solo strappando ore e giorni alla nostra attività, alla nostra quotidiaità, viaggiando da un capo all'altro dell'Europa, riusciamo, non senza difficoltà, ad incontrarci. Per questo gli incontri sono rari, ma intensissimi, desiderato tanto a lungo da farci impazzire. Sempre una emozione quasi fosse il primo appuntamento.
Nei giorni in cui lei è da me, in Italia, di solito è perché si è presa una pausa dal lavoro, mentre io sono sempre pressata dalla mie scadenze, per cui mi capita di lasciarla a riposare, mentre io corro da qualche Agenzia per consegnare, discutere o acciuffare al volo un lavoro, un incarico. In quei casi mi affretto a ritornare il più presto possibile, sperando sempre di ritrovarla lì, da me, proprio dove e come l'avevo lasciate. Questo è qualcosa che mi dà un senso di intimità, di tenerezza e di serenità indicibili: è così che immagino, quando sarà, la nostra vita insieme, lei a riposare e a esercitarsi per prepararsi alle serate, io al mio tavolo da lavoro (digitale) oppure in giro dai committenti. E poi... tutto il resto…

Un componimento lieve, scritto in punta di piedi, in terzinette sciolte: la dedico a colei che amo, e a voi, amiche dilette e amici…

M.P.




Tra non molto
- mi alzerò.


Ormai la livida opacità
dell'alba spia tra le cortine azzurre
appena un poco scostate.

Mi alzerò, piano per non svegliarla,
ma per ora la osservo, nell'ombra,
vedo la morbida curva del fianco

adagiato, anzi abbandonato al riposo,
con un languore che mi travolge,
dopo la nostra notte senza respiro.

Vorrei carezzarle i capelli, ora,
ma non voglio destarla: li lascio
sciolti e arruffati sull'omero bianco

a figurare le fiamme del mio
desiderio, anche ora, anche adesso
acceso, mai sopito. Del resto

come potrei ignorarlo?
Guardo ancora un istante quelle mani
che paiono così grandi, e forti,

assuefatte a strappare il canto
dagli antichi strumenti -
e a modulare in me il piacere

con pari maestria, fino a farmi
impazzire. Ora vorrei baciarle,
quelle mani, ma non voglio destarla.

Tra poco, lo giuro, mi alzerò,
ricoprirò il mio corpo
con qualcosa che troverò lì al volo,

poco, niente trucco, tranne
sulle labbra quel tono di rosso
che amo, perché mi ricorda di lei.

Me ne andrò, piano, senza
far cigolare la porta, le scarpe
per mano, la borsa riempita

alla rinfusa, le chiavi
nel pugno serrato perché
non un solo rumore è ammesso:

non la voglio destare, la voglio
trovare così, quando ritorno...
Che sogno, ricominciare proprio


daccapo, da dove abbiamo lasciato.


Marianna Piani
Nebbiuno, 18 Aprile 2017
.

mercoledì 11 ottobre 2017

Via Zamboni



Amiche care, amici,

come avevo anticipato, ecco il secondo componimento "autobiografico", dedicato a un periodo della mia vita tanto importante e decisivo quanto poco rivisitato, lasciato come in un canto della mia memoria, forse perché ancora troppo vicino e vivo (ma sono passati ben più di vent'anni, anzi, quasi un quarto di secolo), forse perché sentito come troppo emotivamente vicino alla nostalgia, un sentimento che non amo frequentare.
La memoria, il ricordo, doloroso o felice, sono sentimenti costruttivi, positivi, non cercano mai, in ogni caso, di sostituirsi alla realtà. La nostalgia, il rimpianto, sono invece come dei freni, dei rifugi illusori che lasciano il vuoto attorno, sono privi di senso, perché il vettore tempo ha una sola ed unica direzione, ogni ripensamento o tentazione di ritorno all'indietro è destinato a fallire, e spesso con rinnovato dolore.

Quegli anni a Bologna furono forse i più intensi e formativi di tutta la mia vita. Anzi, senza il forse. Lì, in quella giovanile confusione mentale tra bene e male, di bellezza e sordidità, di creatività e di autodistruzione, in quella nebbia ancora adolescenziale di incoscienza e di ribellione, lì si plasmò, intellettualmente, culturalmente, anche sessualmente, nel bene e nel male, la donna che sono. Sotto i portici di Via Zamboni, in quelle aule, nelle case di amiche e amici, nelle vie e nelle piazze, la ragazza, per certi aspetti la bambina che vi era approdata, sola e ingenua fino a poter attraversare con totale innocenza ogni cosa, divenne donna, conquistò, a costo di quell'innocenza, la Conoscenza, di sé e del mondo.
D'altra parte, questo in un modo o in un altro, con tempi e modi diversi, è ciò che accade a tutte e a tutti. Io ebbi il privilegio di poterlo fare nel modo più indolore, in fondo.

Con amore, sempre

M.P.





Via Zamboni

Ciò che più ricordo
di quegli anni strani e sprecati
sono i portici di via Zamboni,
San Petronio e la sua piazza,
la gente meravigliosa, la calata
così melodiosa anche
quando partiva una bestemmia,
le infinite notti a parlare
di cinema e di politica,
quasi sempre terminate
a far l'amore in qualche stanza
di qualche studentessa del terzo anno,
così focosa e spudorata
da travolgermi senza scampo;
oppure - col giovane assistente
così fragile, così dolce e ombroso,
quello di Potere Operaio,
che leggeva i suoi versi più ispirati
in stile Pasolini, e mi seduceva
nonostante gli occhiali spessi
e il naso a becco adunco
che lo faceva quasi
un giovane Pavese.

Quei muri alti e freddi
della mia cella da due soldi
a due passi dai porticati,
sapevano i miei sogni
e le mie illusioni, che allora
io chiamavo i miei progetti:
nonostante fossi donna,
anzi proprio perché lo ero
sentivo un peso di storia
gravarmi sulle spalle.
Avrei fatto tutto da sola,
non era nei miei pensieri,
nemmeno lontanamente,
l'idea d'una famiglia.
Facevo libera l'amore
perché ardevo dell'energia
che mi scoppiava in cuore,
m'innamoravo d'un ragazzo
o d'una compagna, oppure
di un saggio di Ripellino,
o dei folli versi di Majakóvskij,
che m'ostinavo inutilmente
a leggere dal Russo.
Era tutto amore, per me,
né sapevo allora (come oggi
ancora) distinguere l'amore
dalla passione, e dalla fame.

Quella mia nuda cella conventuale,
quei muri alti, in gesso
che sfarinava sotto i polpastrelli,
sapevano di me
e delle mie passioni, ogni passione,
ogni pentimento seguìto ancora
da una nuova più torrida passione,
sapevano dei miei anni
più preziosi consumati
in onde colme di sesso e pensiero
come ramoscelli fluttuanti
in balìa delle maree.


. . . . . . . . . . . . . . . . . .

(Ogni mattino, infine, uscivo all'alba
per recarmi alle lezioni,
quasi correndo lungo Via Zamboni –
in fondo, ora che ci ripenso,
era questo, anche più che far l'amore,
ciò che allora, lo crediate o no,
più mi dava pienezza e gioia.)


Marianna Piani
Milano, 14 Aprile 2017
.

sabato 7 ottobre 2017

Come uno spreco




Amiche care, amici,

Compii i miei studi a Bologna, e fu un periodo folle, fecondo, disordinato, irripetibile, e bellissimo.
Non avevo vent'anni, né probabilmente una coscienza vera di me e del mondo, lessi molto, studiai con frenetica passione, scrissi e disegnai in modo furioso, feci politica, anche un poco esteema, ed ebbi molte relazioni e storie, tutte importanti, insostituibili, rabbiose e felicissime.
In realtà raramente ci torno ora, col pensiero, a quegli anni tumultuosi e fertili, forse perché ho la sensazione che avrei potuto viverli in modo più consapevole e pieno, ma il tempo, una volta fuggito, non torna più indietro, ciò che rimane è solo la sua traccia nella memoria. E la memoria è forse l'unica cosa che ci tiene in vita. Che iscrive la nostra vita in una storia, nella Storia.
Le mille e mille poesie e versi che scrissi in quegli anni sono andati tutti perduti, tra un trasloco e una fuga, poi, terminata quell'esperienza, non scrissi più un verso per anni, come se tutto si fosse consumato, bruciato assieme alla giovinezza "dissoluta". Solo ora, dopo tanto tempo, riesco pian piano a riprendere a scriverne, chissà perché mai. Ma così è... se vi pare..

Ecco dunque in questa lirichetta una memoria del mio primo anno di solitudine, studio, libertà e licenza.

Care, dilette amiche e amici, lettori e lettrici, grazie di esistere, vi abbraccio, con amore.

M.P.



Come uno spreco


Quello fu il mio primo anno a Bologna
Avevo poco più di diciott'anni,
sola stavo in una stanzuccia fredda
e male illuminata non lontana
da Via Zamboni.
Muri grigi, quasi una cella.

Ero disorientata e folle
in questa mia prima autonomia,
ma negavo qualunque nostalgia
della mia stanza al quarto
con la finestra che vedeva il mare
non lontano, bianco.

Divampava intanto la giovinezza
nel mio corpo, e la bellezza
degli anni miei mi spalancava il mondo:
il giorno ero immersa
in tutto ciò che più adoravo,
studiavo fino a morirne, senza tregua.

La notte mi consegnavo all'amore
travolta dal calore dei miei sensi
tumultuanti, a femmine e ragazzi
non importa, punita puntualmente
da un costante greve senso di colpa
per gli uni e per le altre, e per me.

La disistima per me stessa era
pari al mio piacere. No, non era senso
del peccato, non era pruderia,
in famiglia m'avevano educata
a un pensiero aperto: era un senso
come di spreco che mi opprimeva.

Era il non sapere chi io fossi,
lo spreco degli anni miei più fecondi,
il desiderio intenso
per quanto più ero diversa
di essere normale, una ragazza
banale - come tante.

La sensualità straripante
di quei miei vent'anni da incosciente
mi tradiva apertamente.
Studiosa, ero, con tutta la passione,
nottetempo invece ero
una puttana della passione.

Ma posso dire, a mia discolpa,
non era poi lussuria quella,
poi che m'innamoravo d'ogni oggetto
del mio desiderio – perdutamente.
Era follia forse, ma certamente
era anche l'insaziabile mia


bramosia di conoscenza.

 


Marianna Piani
Milano, 8 Aprile 2017
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