«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 31 dicembre 2016

Esaudita Promessa


Amiche care, amici,

questa sarà l'ultima delle mie cosette pubblicate quest'anno, e in un certo senso giunge, casualmente, a proposito. Sebbene la prima stesura risalga a diversi mesi addietro, esprime il mio stato d'animo a un punto di svolta, un momento di pausa durante una fase di passaggio, proprio come, ritualmente, la festa di fine anno è per ognuno.
Un nodo, un incrocio, tra ciò che fummo, ciò che vorremmo essere e ciò che saremo. Un bilancio tra delusioni, illusioni e speranze, tra intenzioni e realizzazione.
Qui faccio i conti con le mie scelte di vita, e il loro costo, che comprende anche una certa dose di solitudine e di dolore. Sì, anche dolore. Ma che alla fine mi porta alla realizzazione del mio essere la donna che sono.

Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, con tutto il mio affetto.

Buon 2017
Un abbraccio, con amore
M.P.



 
Esaudita Promessa


Che la notte faccia spazio al giorno,
l'attesa si muti in speranza, ora.

A mani nude hai dissodato
le grevi pietre del tuo passato.

Il sole ha riarso un suolo già deserto,
non ha lasciato dietro sé che ceneri e sterpi.

Hai chiesto vita, e vita hai avuto,
hai disperato, e infine hai pianto.

Ti ha visitato il senso aspro dell'Inverno,
risorgesti poi con il primo dolce vento,

nelle vaste praterie d'Estate,
scegliesti infine la tua via per la vita.

Ti sentisti per questo derisa e umiliata,
dovesti sostenere ogni sguardo d'offesa.

Ma infine tu fosti, donna, ciò che sei ora,
te stessa, come una esaudita promessa.



Marianna Piani
Milano, 5 Aprile 2016
.

"The Road Not Taken" di Robert Frost



Amiche care, amici,

come ho anticipato qualche giorno fa, mi piace proporvi nella mia traduzione alcuni testi poetici che ho particolarmente amato in passato, oppure cui mi sono accostata più di recente, ma che ormai fanno parte della mia vita..

Ho iniziato con la lingua che forse conosco meglio, dopo l'Italiano, concentrandomi particolarmente su alcuni grandi Autori americani, e ho pensato di proseguire per un poco su questa traccia.
In questo periodo gli USA stanno passando forse uno dei periodi più oscuri e difficili della loro Storia, e tanto più ciò impressiona in quanto sta avvenendo oggi, proprio in queste ore, e con il concorso di mezzi modernissimi, impensabili fino pochissimi lustri fa. Impressiona come la Storia pare abbia ingranato una repentina marcia indietro, e come attraverso il megafono dei mezzi di cui sopra si raccolgono discorsi e concetti che paiono provenire direttamente dagli anni più oscuri del maccartismo, prima della marce pacifiste ed antirazziste, prima di Kennedy, Luther King, prima di Rosa Park.
Ho pensato di riprendere alcuni tra i più grandi artisti, le menti libere che hanno dato voce a questa grande Nazione, rivelandone tutta la grande bellezza, pur in un nodo di grandi contraddizioni e violenti contrasti. Una dialettica che è stata fino ad oggi feconda, e ha davvero segnato il progresso non solo di questa Nazione, ma anche dell'intero Occidente.
Per questo provo una pena e una inquietudine immensa, perché so bene quanto i nostri destini siano legati a quelli di questa grande Nazione.

Dunque, ho iniziato questo piccolo omaggio alla Poesia Americana con Elizabeth Bishop, qualche giorno fa, oggi propongo quello che può essere considerato uno dei più grandi Poeti Statunitensi, Robert Frost (1874-1963), curiosamente assai poco noto e pochissimo tradotto nel nostro Paese.
La sua è una Poesia di una semplicità e chiarezza ineguagliabili, quasi ai limiti della canzone popolare, eppure dotata di una profondità di visione pari a pochi nel suo Paese e nel mondo. Il tutto unito ad una grande e serena musicalità, come potete percepire dal testo originale.
Qui propongo un testo piuttosto celebre, e secondo me particolarmente significativo, proprio riguardo quanto ho detto poco sopra, e anche in fondo d'ispirazione in questo giorno di passaggio simbolico a un nuovo anno: trovarsi a un bivio, e prendere la via meno battuta, meno scontata, più avventurosa, ma nostra. Da sempre il vero motore del progresso, individuale e collettivo. Procedere, andare, non tornare indietro… É questo, alla fine, a fare tutta la differenza.

Per voi, amiche dilette e amici, come sempre, con amore. Felice Anno!

M.P.


Robert Frost



The Road Not Taken


Two roads diverged in a yellow wood,
And sorry I could not travel both
And be one traveler, long I stood
And looked down one as far as I could
To where it bent in the undergrowth;

Then took the other, as just as fair,
And having perhaps the better claim,
Because it was grassy and wanted wear;
Though as for that the passing there
Had worn them really about the same,

And both that morning equally lay
In leaves no step had trodden black.
Oh, I kept the first for another day!
Yet knowing how way leads on to way,
I doubted if I should ever come back.

I shall be telling this with a sigh
Somewhere ages and ages hence:
Two roads diverged in a wood, and I—
I took the one less traveled by,
And that has made all the difference.

Robert Frost, 1920



Il sentiero


Due sentieri si dipartivano in un bosco dorato,
e io, deluso di non poterli percorrere entrambi
in un tempo, ed trovandomi solo, a lungo mi soffermai
a osservarne uno, spingendo lo sguardo fin dove
potevo, fin dove l'acciottolato piegava nel folto.

Infine mi decisi per l'altro, che mi pareva buono uguale,
ma che forse era per me anche più attraente,
perché si snodava nell'erba, ed era assai poco segnato;
sebbene, per questo, il passaggio li avesse
segnati quasi allo stesso modo, ed entrambi

in quel mattino, parevano correre uguali
sotto un letto di foglie ancora inviolato.
Oh, prima o poi avrei tentato anche l'atro sentiero!
Ma ben sapevo come al cammino segue cammino
e dubitavo che sarei mai più ritornato.

Questo dirò, con un sospiro, da qualche parte
altrove, anni e anni a venire, alla fine:
due sentieri si dipartivano in un bosco, e io -
Io presi tra i due il meno battuto, ed è questo,

questo ciò che fece tutta quanta la differenza.

 Robert Frost
(Versione Italiana di Marianna Piani)
 .

mercoledì 28 dicembre 2016

La spada nel cuore


Amiche care, amici,

è ormai lontano il tempo in cui la purezza degli ideali per cui avremmo voluto combattere ci sembrava indiscutibile e indiscussa. Oggi ogni bandiera, ogni ragione per cui vorremmo prendere causa si sembra irrimediabilmente contaminata, confusa in una rete di inestricabili interessi, e di inevitabili compromessi.
La grande potenza di annichilimento dell'individuo che posseggono oggi i nuovi mezzi di comunicazione e interazione, come i social, con la loro immensa dispersione dell'informazione, tale da conformare tutto in un vortice centripeto di entropia negativa, rende il tutto uguale al contrario di tutto, in una folle corsa all'omologazione totalizzante e totalitaria. La virtuale impossibilità, in questa nebbia, di distinguere una informazione e un concetto veri e verificabili tra quelle false, tendenziose e prive di fondamento, rende alla fine tutto grigio e uniforme.
Tuttavia io sono convinta più che mai che occorra resistere a questa deriva, che non è affatto inevitabile, ma che dipende in gran parte dalla forza delle nostre convinzioni.
È a tutto vantaggio del male il rendere tutto grigio e uguale, come abbiamo potuto purtroppo vedere nel caso delle elezioni americane e, prima, nella vicenda del Brexit. A un certo punto è stato impossibile controbattere alle falsità e alle menzogne con la forza dell'evidenza, della ragione e della logica. Perché il magma di informazioni aveva reso indistinta ogni evidenza logica, per giocarsi tutto sulla spettacolarizzazione, e sulla relativizzazione della verità.

Dove ogni verità è equiparata al suo contrario, alla fine, inevitabilmente, a vincere è la menzogna: la nostra avversità al razzismo e il nosro amore per la libertà NON SONO delle semplici opinioni da contrapporre alle ideologie razziste e totalitarie. La nostra fede nella Cultura, nella Scienza e nella Storia NON È un modo di pensare tra tanti, da equiparare ai fideismi ai complottismi e ai negazionismi che purtroppo guadagnano spazio sempre maggiore nel fasullo mondo dei social. La Verità rimane tale indipendentemente da quante falsità gli si possano contrapporre.
Per questo, più che mai, noi dobbiamo tenere salde e ben alte le nostre più care e importanti bandiere, non dobbiamo farci trascinare in questo gioco nel fango in cui chi più si lorda più ha la possibilità di vincere. Non dobbiamo farci sviare da chi ne rileva solo le macchie, gli errori, le imperfezioni: ogni bandiera, in battaglia, riceve schizzi di fango, a volte anche di sangue purtroppo.
La battaglia rimane nobile e necessaria, e non dobbiamo farci scoraggiare dalle sconfitte, ma da queste trarre invece nuovo vigore e nuovo motivo di lotta.

Vi lascio alla lettura di questi versi d'impegno e di convinzione. La spada gettata a terra è un gesto di stanchezza, di delusione, di scoraggiamento. Ma dentro di noi sappiamo che, comunque, sapremo ancora lottare per ciò cui crediamo.


Per voi, sempre, con tutto il mio amore.

M.P.





La spada nel cuore


Discese i gradini del tempio
uno per uno, numerando
nella sua mente i passi
che da quel Dio l'allontanavano.

Gettò lontano la spada, e questa,
compiuto in aria un arco che parve
infinito, ricadde sul granito
con un assordante breve clangore.

L'impatto dell'acciaio produsse
mille scintille, come una fucina,
brevemente illuminò il suo viso
e lampeggiò nello sguardo deciso.

La battaglia era conclusa,
e non fu, no, vittoriosa: produsse
soltanto dolore immenso, e invano
sparse sangue e innocente pianto.

Il mondo rimaneva ciò che era
sempre stato, iniquo ed efferato,
i giovani folli contro cui si lanciava
s'immolavano senza speranza

trascinando nel proprio gorgo
anime e corpi senza colpe evidenti.
L'Idea, il Regno per cui si batteva
era gravato di innominabili nequizie.

Eppure, aveva affrontato la morte,
e presto lo avrebbe fatto ancora,
per amore di quella sua bandiera
lacera, contaminata - ma vera.

 

Marianna Piani
Milano, 31 Marzo 2016
.

lunedì 26 dicembre 2016

"Insomnia" di Elizabeth Bishop


Amiche care, amici,

provo a riprendere una pratica che ho frequentato molto, fino a poco tempo fa, e che ho dovuto sospendere puttosto a lungo per motivi di tempo e di salute.
Si tratta di un esercizio in apparenza semplice, ma io lo ritengo fondamentale per la comprensione della scrittura poetica, e per arricchire il proprio bagaglio di ispirazione e di conoscenza. Io credo che nessuna scrittura poetica originale possa prescindere dai propri modelli, e dalla escursione in altre lingue, ovviamente se si ha la fortuna di maneggiarle con sufficiente familiarità. Senza alcun merito se non quello di essere nata in una famiglia che me ne ha fornito la possibilità fin da piccolina, io me la cavo nella lettura "fluent" di un certo numero di lingue europee, e questo mi ha aperto alla comprensione di mondi che altrimenti mi sarebbero stati preclusi. Infatti penso sia impossibile comprendere davvero poesie in lingue diverse dalla nostra se non sappiamo leggerle e comprenderle nella versione originale, magari aiutate da una traduzione a margine. E infatti soffro molto a non potermi accostare con altrettanta comprensione a grandissimi autori di cui non so decodificare la lingua, come Esenin, Szymborska, Hikmet...
Infatti la poesia è talmente legata alla lingua, alla parola, al suono, che la funzione della traduzione diventa delicatissima, a volte francamente impossibile.

In ogni caso, la lettura di testi poetici stranieri e il loro confronto/scontro con le possibili versioni nella nostra lingua è uno degli esercizi che più ci aiutano ad aprirci alla comprensione della poesia e dei suoi più intimi meccanismi.
Per questo mi piace condividere questo mio lavoro, anziché tenermelo per me, perché penso possa contribuire, anche magari solo per una minima parte, alla comprensione dell'arte poetica in generale. Poter accedere a più versioni dello stesso testo è di certo la via più agevole per entrare nel cuore vivo di una poesia e del suo autore, quando non sia nella nostra lingua madre.
In questo senso, ogni traduzione non è solo una meccanica trasposizione da un codice linguistico ad un altro, è invece una interpretazione, una ri-creazione, una proposta di conoscenza.

Ho pensato di iniziare in modo quasi casuale, partendo dal volume che ho in questo momento sul comodino accanto al letto. Una splendida, breve poesia di Elizabeth Bishop, una delle maggiori poetesse americane recenti (1911-1979), per qualcuno ispirata - un po' alla lontana - al celebre frammento di Saffo Le Pleiadi:

δέδυκε μὲν ἀ σελάννα
καὶ Πληΐαδες, μέσαι δέ
νύκτες, πάρα δ’ ἔρχετ’ ὤρα,
ἔγω δὲ μόνα κατεύδω

(Tramontata su me è la Luna,
e le Pleiadi, anch'esse sono svanite
a metà della notte, e le ore dileguano,
e io sono - ancora - nel mio letto sola)

Come sempre propongo la versione originale, seguita sempre dalla mia personale versione in Italiano.

Ho intenzione, diversamente che in passato, di pubblicare queste traduzioni direttamente nella timeline primaria del blog, e solo in un secondo tempo di trasferirle nella pagina tematica che gli compete. Le "pagine" sono quelle che ho curato in passato, per le varie lingue e, in alcuni casi particolari, per autore. Le riassumo qui per vostro agio:

Poesie in lingua Inglese
Poesie in lingua Francese
Poesie in lingua Spagnola
Poesie in lingua Tedesca
Antologia di Sylvia Plath
Antologia di Emily Dickinson
Chamber Music di James Joyce

Non posso al momento prestabilire una frequenza di pubblicazione, che dipenderà dalle mie residue disponibilità di tempo e di energie, ma curerò di renderla più regolare possibile, così da agevolare - se lo vorrete - la vostra frequentazione.

Per voi, amiche dilette ed amici, come di consueto, con amore.

M.P.


Elizabeth Bishop



Insomnia

The moon in the bureau mirror
looks out a million miles
(and perhaps with pride, at herself,
but she never, never smiles)
far and away beyond sleep, or
perhaps she's a daytime sleeper.

By the Universe deserted,
she'd tell it to go to hell,
and she'd find a body of water,
or a mirror, on which to dwell.
So wrap up care in a cobweb
and drop it down the well

into that world inverted
where left is always right,
where the shadows are really the body,
where we stay awake all night,
where the heavens are shallow as the sea
is now deep, and you love me.

Elizabeth Bishop




Insonnia

La luna sullo specchio dello scrittoio
pare spingere lo sguardo miglia lontano
(e forse con un certo orgoglio di sé stessa,
sebbene mai e poi mai sorrida)
e miglia e miglia, ben di là dal sonno, o forse
è tra chi scambia in veglia il sonno.

Disconosciuta dall'Universo,
gli ha risposto con il suo sprezzo,
e ha cercato una pozza d'acqua,
o uno specchio, su cui sostare.
Quindi, ora, avvolgi ogni affanno in ragnatela
e gettalo nel pozzo in fondo
 

a questo mondo all'incontrario
dove il sinistro è sempre destro,
dove l'ombra è di certo il corpo,
dove si veglia nella notte,
dove i cieli sono bassi quant'è profondo
questo mare; e dove tu mi ami.



Elizabeth Bishop
(Versione Italiana di Marianna Piani)
.

sabato 24 dicembre 2016

Come al tramonto le cime


Amiche care, amici,

scocca a volte così, in un istante, inattesa, la scintilla.
Ciò che è certo è che nel medesimo istante, la riconosciamo.
Basta un segnale, una vibrazione impercettibile, una sfumatura di colore, a darci certezza.
Nulla come il lieve arrossire delle guance di chi segretamente desideriamo può avvertirci del sorgere del desiderio da parte sua, nulla come il turbamento dello sguardo che sfugge al nostro può rivelarci un nascente sentimento, lo schiudersi di una soglia che fino a quel momento credevamo invalicabile.

E fu davvero tutto qui, racchiuso in un attimo, il primo incontro con chi ora credo amerò, riamata, per sempre.
Per narrarla, bastano pochi semplici versi.

Per voi, amiche dilette e amici, con amore, sempre.

M.P.







Come al tramonto le cime


Arrossisti, come solo tu
sai fare, le guance candide

si mutarono in petali rosa.

Inavvertitamente avevo sfiorato
con una mano il tuo seno, teso
sotto la seta della camiciola.

Tu ti ritraesti, e fu allora
che arrossisti. E da quel rossore
seppi che il tuo mondo ora

era un cielo aperto, un mare
in cui salpare alla ventura,
un'onda che preda e trascina

al largo, lontano, laddove
nulla più conta, se non il cuore.
E fu da allora che questa donna,

incantata, fu tua.



Marianna Piani
Milano, 29 Marzo 2016
.

mercoledì 21 dicembre 2016

L'uomo di carta


Amiche care, amici,

conclusa la mia avventura con il ciclo di quattordici sonetti che ho appena finito di pubblicare, dopo una breve pausa di riflessione, riprendo a pubblicare i miei testi e a sottoporli alla vostra attenzione.


Come molti di voi sanno, amo la narrazione. Il mio lavoro, quello che mi dà da vivere, consiste proprio nel raffigurare una narrazione attraverso le immagini, sia che si tratti di singole illustrazioni o di sequenze narrative come in uno story board.
Naturalmente per me, nella scrittura, e in quella poetica in particolare, non mi sento meno attratta dalla narrazione, o dallo "story telling", come direbbero gli anglofoni, o gli anglofili.
Naturalmente in questo caso la narrazione segue leggi diverse, che con la realtà e la rappresentazione di essa ben poco hanno a che fare, quanto piuttosto accostarsi alla dimensione onirica, al libero gioco delle parole come particelle di significato in libera associazione - e dissociazione - e ai ritmi e alle vibrazioni dei suoni e delle loro armonie e dissonanze.
Qualcuno ha definito "surreale" questa canzonetta per immagini, tuttavia io non credo sia una definizione significativa, in poesia. Nel discorso poetico non esiste concetto di realtà, irrealtà, o  surrealtà. La parola poetica costituisce in sé il proprio codice generativo e - appunto - la propria realtà: la parola poetica non rappresenta, semplicemente presenta.

Vi lascio, come sempre, alla lettura, amiche dilette e amici, con amore.

M.P.





L'uomo di carta

L'ho incontrato quel giorno
che ero in ritardo, dalle parti
della stazione, l'uomo
di cartavelina, e indispettita
me ne sono subito innamorata.

Pensoso, lieve, fine,
sgualcito appena un poco,
seguiva il corso del vento
come fosse il suo intento,
a volte, per breve tratto, volava.

Mi guardò, con lo sguardo
più melanconico e triste
che avessi mai incontrato,
incredulo che al mondo
qualcuno di lui s'avvedesse.

Nonostante fosse mattina,
e i fringuelli impazzassero
nei cortili fino dall'alba,
pure io ero triste, perduta
sulla mia cagionevole strada.

Lui, che visto di sfilo
di fatto alla vista scompariva,
e che al tocco della mia mano
irrimediabilmente si sarebbe
gualcito, mi sorrise, inaspettato.

O almeno così credetti,
interpretando quale sorriso
quella increspatura sul bordo
del suo profilo, come
un impercettibile strappo.

Egli si girò verso di me
con il suo largo viso, ora di fronte,
pallido e sottile, quasi
traslucente, che mi parve
così dolce, e certo onesto.

Non disse nulla, forse
non ne aveva il fiato, la voce
non usciva, se non quel fruscio
lieve, come una brezza
tra le foglie a primavera.

Trasse di tasca una matita,
ridotta appena a un moncherino,
guardandomi ora negli occhi
con una muta malinconia, scrisse
sul proprio cuore una parola.

Poi si girò ancora,
e una folata improvvisa
(poiché era Marzo, infine)
lo colse e me lo portò via.
Ebbi appena il tempo

di scorgere quella parola
compitata sul suo cuore
un poco sciupato, di carta fina,
ma che pulsava ardore:
era il mio nome: Mariannina.



Marianna Piani
Nebbiuno, 23 Marzo 2016
.

domenica 11 dicembre 2016

Le solitudini e i luoghi - XIII e XIV


Amiche care, amici,

concludo oggi la pubblicazione questa raccolta di 14 sonetti, scritti al modo classico, un piccolo cimento che si è risolto per me in un viaggio affascinante e denso di scoperte, di emozioni e di intuizioni. Come avviene sempre quando si impegna la via della scrittura poetica. La poesia, come recita la citazione di Pound in testa a questo stesso blog, è uno strumento d'indagine.
Concludo - e qui vi lascio, con queste due ultime e - in un certo senso - ultimative composizioni, che accostano il senso cosmico della natura alla voce del canto poetico: il senso finale di tutta la raccolta e, in fondo, di ogni mio tentativo di scrittura.

Per voi, amiche dilette e amici, come sempre e più che mai con amore.

M.P.






Le solitudini e i luoghi



XIII
Astra


Venne, in fine, la notte, e vennero i sogni
come un pulviscolo mobile sopra i prati
le alture le case i colli gli amanti e ogni
fugace carezza di amori consumati
oppure solo sognati. Vennero stelle
a raccolta, come balenanti fanciulle
a un ballo di debuttanti, con le più belle
a far da corona alla luna, e sulle
colline scure gli ultimi fuochi del giorno
a far delle nubi mura d'un incantato
maniero, e delle cime dei pini intorno
arditi pennoni. Sto supina sul prato
contemplando quell'arco di cielo adorno
di falene lucenti, così, in quel creato
mi perdo, piccolo corpo nell'infinito.



XIV

Poesia

Giunge dal nulla, inspiegata scintilla,
oppure è la voce della follia,
oppure è l'effetto di qualche stilla
di farmaco, o droga, o della mia
solitaria desolazione: viene,
nuda si posa sulla nuda mia spalla,
con levità prodigiosa, contiene
l'intero Universo, come una farfalla.
Non mi soccorre, e non mi consola,
in nulla lenisce il mio dolore,
non mi rende il suo canto meno sola.
Giunge, e m'inonda, con quieto furore,
a pena colgo parola a parola
- fiotto di vita, e lo intaglio nel cuore.


Marianna Piani
Milano, 21 Marzo 2016
.

mercoledì 7 dicembre 2016

Le solitudini e i luoghi - XI e XII


Amiche care, amici,

penultimo appuntamento con la mia raccolta, con due composizioni d'amore,
d'ispirazione esplicitamente erotica, come evidente già nel titolo del secondo sonetto.
Il sonetto da sempre è la forma poetica con maggiori implicazioni con il discorso amoroso; non so bene se per i secoli di tradizione, o per una sua particolare intrinseca e concentrata musicalità, forse non c'è modo più efficace in poesia per esprimere la sensualità e l'emozione del sentimento - e dell'atto - d'amore.
In questi due "pezzi" ho ricercato scientemente una tessitura armonica e musicale particolarmente intensa con l'uso ampio di rime, assonanze, allitterazioni dentro una metrica piuttosto rigorosa sulla base endecasillabica che è un po' lo sfondo di tutta la raccolta.

Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, come non mai, con amore

M.P.






Le solitudini e i luoghi



XI
Femina


Mi passò accanto, la fiera figura
eretta, avrei detto quasi altezzosa,
senza degnarmi uno sguardo, la pura
bellezza d'una sorgente radiosa.
La chioma era una fiammata d'aurora,
le vaste pupille erano distese
di vergine neve, la fronte più chiara
delle messi di giugno, palese
il riserbo nell'imbronciato sorriso,
prezioso in quelle labbra rubino
come lapilli di lava sul viso.
L'adorai, sognai in quel seno divino
d'affogare il respiro, e in quel paradiso
bramai immolare il mio intero destino.




XII

Eros
 

E una dolce sera apristi, inattesa,
a me il tuo fiore, il giglio, la rosa
orgogliosa, preziosa, odorosa,
e io, ammaliata, fui subito presa.
In quei petali immersi, inebriato
il mio bacio, come un'ape, cercando
il tuo nettare d'oro, nel profondo
segreto, e lo bevvi d'un solo fiato.
Le tue mani vibrarono febbrili
sul mio dorso come ali di cigno,
o di angelo umano, così gentili
da parere generate da un sogno;
m'avvinsero le tue spire, fatali,
e il mio cuore serrasti nel tuo scrigno.



Marianna Piani
Milano, 15 Marzo 2016
.

sabato 3 dicembre 2016

Le solitudini e i luoghi - IX e X


Amiche care, amici,

siamo al quinto appuntamento della raccolta, con due sonetti di argomento strettamente urbano, entrambi giocati sul filo di quel mix di malinconia e disperazione che è proprio di questi luoghi.
Il primo è una riflessione durante una passeggiata in centro, mentre la superficiale vitalità del traffico cittadino stride in contrasto con una invincibile solitudine interiore, una estraneità a momenti quasi dolorosa, proprio mentre invece ci si vorrebbe confondere e scomparire nella folla.
Il secondo è il racconto, quasi cronachistico, di un evento purtroppo non insolito per chi frequenta il trasporto pubblico underground.

Vi lascio alla lettura, amiche dilette e amici, come di consueto, con amore.

M.P.







Le solitudini e i luoghi
 



IX
Città

Ora mi fermo. A lungo ho vagato
perdendomi in queste vie affollate.
A lungo, ostinatamente ho cercato
le ultime tracce di me stessa, appannate.
Svanito il cuore, svanita la mente,
sola rimane di me sul selciato
l'ombra violacea, e l'evanescente
figura riflessa sul cristallo dorato
delle vetrine, tra ninnoli e oggetti,
visioni di una bellezza apparente,
seduzione di vanità e di effetti.
Ritornerò al mio mondo, finalmente,
nella inquieta dolcezza dei miei affetti,
via da questo vuoto, da questo niente.




X

Thanatos

Accadde a Marzo in un qalche mattino:
con tedio oscillavo appesa alla barra
della vettura, a Cadorna, o vicino
Cairoli, e qui fummo fatti scendere a terra.
Presto sapemmo che un ardente destino
si era compiuto sui binari, più avanti.
Era giunto puntuale il primo treno,
a falciare una vita e i suoi sogni infranti.
Molti andarono in fretta in cerca d'un mezzo,
altri sbuffando indugiarono in banchina,
tutti quanti percepirono il prezzo
d'una morte così tanto vicina.
Io per un istante ammirai il disprezzo
di quella ragazza in faccia alla fine.



Marianna Piani
(Marzo 2016)
.