«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 3 settembre 2016

Sulla Senna


Amiche care, amici,

in questa composizione, in versi piuttosto piani e narrativi, il ricordo della mia ultima visita a Parigi, poco prima dei tragici fatti che hanno recentemente ferito brutalmente questa città, l'intera Francia e il suo senso della libertà nella fratellanza, e scosso nel profondo tutti noi.

Ho sempre amato questa città magica: è banale dirlo, vi sono città al mondo che non si possono non amare, e che rappresentano nell'immaginario la quintessenza di una intera Civiltà. In questo senso, della Civiltà intendo, Parigi è probabilmente la capitale, e ben sapevano probabilmente le menti tragiche e avvelenate d'odio che hanno progettato, o anche solo appoggiato, quella catena di attentati e la sua scia di sangue. Provare a ferire a morte, nel cuore, una città per vocazione e Storia aperta e fragile come Parigi equivale a ferire a morte l'intera Civiltà che tale città ha espresso. I centri vitali della cultura, che in Parigi ebbero la loro sede primaria dalla Rivoluzione in avanti, negli ultimi decenni si sono spostati altrove, e ora, mentre scrivo, hanno un po' perduto una patria e vagano disorientati e dispersi tra i nodi della rete e sedi ormai decadenti, con nuovi poli d'attrazione in Asia e Africa.
Ma il simbolo, l'immagine rimane, e per una donna figlia di questa Cultura e questa Civiltà, fiera di esserlo, quale io sono, Parigi rimane fin dentro l'anima l'espressione della mia personale concezione di vita. Più della un poco pomposa Statua all'imboccatura del Porto di New York (peraltro, non a caso, oriunda parigina anch'essa e figlioccia dello stesso Eiffel), è la Tour Eiffel per me il simbolo - inutile e ardita espressione di razionalità e irrazionalità assieme, al pari della la mente umana - del bene per me più prezioso e unico e vero fondamentale portato della nostra vecchia Civiltà morente: la Libertà.

A Parigi mi sento più libera che altrove. È vero, è solo una sensazione, come prima dicevo con un ossimoro, irrazionalmente razionale. È vero, i Parigini sono fieri e un po' spocchiosi, poco propensi a tollerare quelli che considerano i difetti di altri popoli, Italiani in testa. È vero, la Parigi "vera" - il Centro Storico, immenso - col tempo si è mutata in una specie di parco chiuso per ricchi, dati i costi spaventosi di un qualsiasi buco abitabile che non sia al di là delle terrificanti périphérique.
Tuttavia se potessi mi trasferirei lì in qualsiasi momento, senza esitare.

Manco da allora, e non ho vissuto che da "esterna" i fatti terribili cui accennavo sopra.
Ma ci tornerò, presto, alla prima occasione: come ho già detto in altri interventi io non ho paura del terrorismo, mi strazia assistere alla morte di innocenti, per un "ideale" fanatico e blasfemo. Ma personalmente non ho paura, e non intendo mutare di una virgola il mio atteggiamento e il mio modo di vivere. Mi sottoporrò con pazienza agli (inutili o quasi) rituali di sicurezza cui questi fanatici ci hanno gradualmente costretti. Ma tornerà presto a guardare dal parapetto di un ponte lo scorrere placido e torbido della Senna, un fiume che di sangue e di morte ne ha visto tanto, ma continua a scorrere, come la Storia, come la Vita…

Quanto mi manchi Parigi, i tuoi amori, le tue luci, le tue notti infinite…

Per voi, amiche dilette e amici, come sempre, con amore.
 

M.P.




Sulla Senna


Attraversai quel ponte sulla Senna
una sera di precoce primavera
in compagnia dell'amica che mi ospitava
e del suo bell'amore parigino,

asciutto come un chiodo, consumato
un po', forse di vita, forse di fumo,
forse di vino, ma dallo sguardo
così puro e scuro da parere un poeta

di Montmartre, e invece era un maître
d'un hotel centrale, al Quais.
Io da parte mia ero sola, come
la maggior parte della mia vita

da vagabonda d'anima e di mente.
Osservavo sotto di me in quel mentre
l'acqua torbida più celebre del mondo
mulinare senza fretta, regalmente.

Non era dolce quell'acqua, non era
invitante affatto, scura e densa
come una minaccia, tomba gravida
di chissà quante anime suicide.

La mia appartenenza - riflettevo -
a questo mondo ormai morente
di libertà e pensiero e amore di bellezza
lungo queste sponde prende senso.

Sento che potrei spogliarmi ora
da capo a piedi, e gettarmi nuda
a capofitto in quei flutti bruni
e mossi come i ricci di un ragazzo,

e non sentirei gelo, né mancare il fiato,
solo l'abbraccio liquido e esaltante
della mia più profonda e piena libertà,
per cui vivere o morire varrà uguale,


varrà tutto il prezzo della vita.



Marianna Piani
Milano, 19 Gennaio 2016
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