«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 1 giugno 2016

Un breve riposo


Amiche care, amici,

la scrittura poetica per me è uno strumento d'indagine, come dice la frase di Ezra Pound in testa a queste pagine. Uno strumento per sondare la propria esistenza, la propria ragione d'essere, il proprio arco esistenziale. Una composizione vera e sincera è sempre un aratro che scava oltre la superficie del quotidiano, per rivoltare la crosta, per far emergere dalla profondità gli umori, le radici, la semenza, le larve di vita.
Non sempre la scrittura così è una "passeggiata nel bosco narrativo" (per citare Eco), è piuttosto una esplorazione, un combattimento, una dura aspra risalita dal fondo. Come la risalita in montagna, per me personalmente la metafora delle metafore, dove ogni metro conquistato in direzione della trascendenza di una cima che si affaccia al mondo è segnato dal dolore, dalla sofferenza, dal cimento dei propri limiti più ancora che dalla fatica.

L'ottava, con la sua cadenza lunga, come un'onda al largo nell'oceano, è la forma d'elezione per me in questi momenti di riflessione intima e senza autoindulgenza. Sono una donna che tra poco compierà i suoi quarantatré anni, anni che iniziano a pesare, anni in cui la riflessione su sé stessa di una donna non si ferma più sulla superficie di uno specchio (per me ancora piuttosto indulgente, per fortuna), ma la sfonda, va in quel territorio "dietro" inesplorato, dove il mondo dell'Alice che è in noi si incontra e scontra con la perdita definitiva della sua innocenza.

Un breve riposo, per ripensarci… Lo condivido con voi, se vorrete, amiche dilette e amici.
Con amore.

M.P.





Un breve riposo


Prendi fiato, riposa un istante,
finalmente, sul crinale di questi
tuoi anni dispersi, sfuggiti, sfarinati
come farina al vaglio,
il sentiero non è più tanto lungo,
ormai, e l'aurora che ti lasciasti
alle spalle a fondo valle,
non è più che un vago lucore.

I tempi in cui il tempo abbondava come
l'acqua nel mare, si sono asciugati,
ora ogni minuto rimasto ha un nome,
un luogo, una voce, un motivo.
Ora la castità delle ore, vestali
del giorno e della notte, è violata
dalla conoscenza del dolore,
e dall'incertezza di Dio: un sovrano

tiranno o misericordioso?
Oppure, puro nudo concetto?
Donna che t'aggrappi alla tua Fede
nell'Uomo, come a un appiglio
sulla tratta più aspra della salita,
senti la presa farsi men salda
più incerta anch'essa, ora, dolorosa,
scorticata di gelo e di sole.

Gli anni della bellezza ignara,
della Natura che nel tuo corpo
esprimeva un'armonia,
si stanno offuscando ormai,
come il vetro appannato
dal respiro tuo e dal suo fiato
nelle notti d'inverno trascorse
al solo vostro reciproco calore.

Che sarà di te, tra non molto,
quando le pieghe di una
indesiderata saggezza
segneranno il tuo viso,
e i solchi saranno ciascuno
il ricordo d'un dolore, il calco
d'una perdita senza ritorno,
i margini aperti della ferita

di un abbandono, privo anche
dell'agra consolazione del lutto?
Che sarà di te, di quella figura
nello specchio, che controluce
raccoglie con grazia i capelli
dietro la nuca e dolcemente
osserva sé stessa dal nero fondo
dei propri occhi scuri d'ombra?

Prendi fiato, dunque, riposa,
preparati per l'ultima tratta,
quella più dura, e pur più breve,
guarda le tue mani, ancora quelle
eleganti, sensuali, non grandi,
le dita fini e titubanti,
quelle della tua giovinezza,
folle e senza certezza.

Stringi tra quelle dita i fili d'erba,
umidi già della notte vicina,
con dolcezza infinita, come quando
accarezzi il suo grembo offerto,
e lascia che il vento porti lontano
il tuo odore, confuso al suo profumo
e a quello delle viole, e riposa ora,
prima dell'ultima più ripida tratta.

Tu sai, non torneranno mai
i giorni che hai perduto
né quelli che hai vissuto
né i sorrisi e gli sguardi dati
né quelli ricevuti, non tornerà
l'affanno delle corse a perdifiato
a piedi nudi sull'arenile,
né la pura gioia del gioire.

Riposa ora, riprendi fiato,
anima di donna, incerta,
prima di sfinire.



Marianna Piani
Milano 30 Settembre 2015
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