«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

sabato 11 luglio 2015

Variazioni sopra un'aria di Bach



Amiche care, amici,

la musica, più di una passione, è da sempre la consolazione della mia vita.
La mia mamma era una musicista di buon livello, anche se non ha esercitato professionalmente, per una serie di motivi famigliari, ha sempre continuato a studiare il suo strumento - il pianoforte - e io sono cresciuta con la musica viva e vitale in casa, quotidianamente. Ogni pomeriggio, cascasse il mondo, alle 17 o al più tardi alle 18, mia mamma si sedeva al piano e faceva il suo giro di esercizi, e poi attaccava a studiare il suo repertorio personale, principalmente Mozart e Bach, fino all'ora di cena. A volte anche oltre.
Lei aveva una predilezione per Mozart (sosteneva che il tocco magico di quel genio fosse più adatto alle sue mani, femminili e, come le mie, relativamente minute, piccoline, certo inadatte alle arditezze schumanniane o liztiane) ma da mio padre aveva tratto uno speciale amore per Bach. Un amore intellettuale quanto quello per Mozart era spirituale e - oso dire - fisico, di affinità elettiva. Ma sempre amore era, intenso, caparbio e superbo. Il Clavicembalo ben temperato (BWV 846-893), entrambi i "libri", era l'opera costantemente (dico "costantemente" in senso proprio, non figurato) aperta sul leggio del suo splendido Schulze Pollmann verticale, dal suono morbido e vellutato, mai troppo squillante, e dalla meccanica perfetta per essere un "pianino" da famiglia e non certo uno Steinway da concerto.
Io non ebbi in dono un vero talento musicale, anche se mamma mi mise davanti alla tastiera fin da piccolina. Al di là di strimpellare qualche nota - cosa che ancora faccio quando voglio concentrarmi o sfogarmi - non sono mai arrivata. Tuttavia la musica per me è stata qualcosa di più di una base culturale, è stata l'aria che ho respirato durante tutta la mia infanzia. Quando ero ancora una bimbetta, stavo a giocare con le mie bamboline e i peluche proprio ai piedi del pianoforte, mentre mamma suonava, per tutto il tempo in cui lo faceva, e ogni giorno, e ho ancora nelle orecchie non solo quella musica - sublime e materna insieme - ma anche il lieve rumore della meccanica, dei colpi di pedale, del borbottio sordo dei martelletti, degli scappamenti e degli smorzatori che incidevano sulle corde, tutti suoni impercettibili e sovrastati dall'armonico dello strumento a distanza normale ma che, alla distanza e nella posizione in cui mi trovavo allora riuscivano a filtrare dalla cassa.
Ad ogni modo, Mozart e Bach sono rimasti i capisaldi della mia conoscenza e passione in campo musicale. Ne ho parlato spesso anche in queste pagine. In particolare Bach, poiché univa in sé l'esperienza artistica e passionale della mamma a quella razionale e scientifica di papà, e perché fu il punto d'incontro essenziale di quei due miei "spiriti guida". Mio papà, come me, non aveva un suo personale talento musicale, nel senso dell'esecuzione artistica, ma adorava la musica, e fu proprio un concerto in sala il luogo in cui incontrò per la prima volta mamma, e da cui ebbe origine tutta la loro storia, me inclusa.

Narrare direttamente, e non indirettamente come sto facendo ora, dell'esperienza dell'ascolto musicale è praticamente impossibile, la parola non è in grado di restituire l'emozione che la musica pura è in grado di dare. Quando ascolto, ascolto, e non penso ad altro. Difficile poi recuperare quella sensazione a posteriori, impossibile addirittura ricostruirla per renderla intelligibile al di fuori della mia esperienza più intima e privata.
La Poesia, con la musica, ha molti punti di contatto, per questo è possibile non dico riprodurre, ma almeno riecheggiare le sensazioni date dall'esperienza musicale.
La composizione che vi propongo oggi nasce proprio in questo modo, non con il recupero diretto e immediato di una esperienza di ascolto, ma con la rivisitazione di una serie di immagini, sensazioni e suoni che sono la traccia lasciata nell'anima - oserei dire nella vita - da quell'esperienza. Proprio come il passaggio di un astro lascia una traccia gravitazionale da cui è possibile ricostruirne la storia. Si tratta non di un "racconto", ma di un viaggio, un'avventura, nella memoria percettiva. La ricostruzione, in questo caso particolare, di una condizione di serenità perfetta, geometrica, risolta, aperta verso il trascendente e chiusa circolarmente in sé stessa. Non quindi la trascrizione di un pezzo, ma la scrittura di "variazioni" sul suo tema.
(Un ultimo dettaglio: l'Aria cui accenno nel titolo è una delle splendide arie - semplicissima, quasi minimalista, per soprano, oboe, cello e cembalo - di una delle Cantate - la BWV 21)

Vi offro queste sensazioni e questi pensieri, amiche dilette e amici, come sempre, con amore.

M.P.






Variazioni sopra un'aria di Bach


Nel chiuso della stanza, nel chiuso
della notte bianca, nel chiuso
delle mie palpebre abbassate
in me stessa chiusa, ormai risolta.

Ascolto. Vedo. M'innalzo
come un'onda, un cormorano
dall'onda avvolta, sorvolo
le spume che il maestrale soffia

dalle creste estreme increspate
della più pura melodia
a picchi anse, abissi e torri,
e strade, e lande inesplorate.

S'intersecano i sentieri
che conducono all'alte vette
vergini di ghiaccio che sanno
d'essere violate, e l'arpeggio

che intreccia i rami dei lecci
è quello lieve del libeccio,
che scivola dai pascoli lontani,
e m'investe, agitandomi i pensieri

e le vesti, levandomi in un volo
ch'è un largo arco teso dal quieto
all'agitato, dal mosso al moderato
in un aereo dialogo ininterrotto.

E mentre
l'ultimo accordo vibrando spegne,
le mie labbra si schiudono in un sorriso
che ha un alito di paradiso.



Marianna Piani
Milano, 23 Gennaio 2015

2 commenti:

  1. Quanto melodia racchiusa in questi splendidi versi, tutto la forza musicale del vento che descrive i movimenti degli archi come le onde del mare, dolci e poi intensi travolgono i nostri sensi.
    Sono ammirato come al solito dai tuoi versi, oggi un pò di più!
    Un abbraccio
    Francesco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Francesco,
      sono davvero felice che tu abbia apprezzato questa mia cosetta, su cui devo dire ho lavorato parecchio, prima di poterla considerare "pronta" per la pubblicazione.
      Inizialmente non mi convinceva, non era - appunto - sufficientemente "musicale", non tanto quanto avrei voluto, in particolare per QUESTA composizione, che dalla musica proviene e alla musica è destinata. Ho dovuto operare molti interventi, un poco su tutti i versi, sul ritmo, sulla sillabazione e sulle sonorità e i timbri, parola per parola, e alla fine devo dire il risultato mi soddisfa abbastanza. Il tuo bellissimo e generoso commento mi conferma con grande piacere la sensazione di aver eseguito un lavoro accettabile. Come sempre è il Lettore, con la sua sensibilità, a "chiudere il circuito" della comunicazione e a dare senso e valore all'opera, non l'autore, che a quel punto ha espresso tutto ciò che i suoi strumenti gli hanno consentito.

      Grazie infinite per la tua stima, largamente ricambiata.

      A presto, mio caro amico

      Marianna

      Elimina

Sarei felice di sentire di voi, i vostri commenti, le vostre sensazioni, le vostre emozioni. Io vi risponderò, se posso, sempre. Sempre con amore.