«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 28 gennaio 2015

Io – Divisa



Amiche care, amici,

questa composizione, rimasta senza data o luogo precisi, è nata subito dopo uno di quei miei momenti di disorientamento, quando la mia mente svapora e mi trovo per qualche ora in un doloroso stato di sospensione, incapace di ragionare o di uscire dall'intrico della mia confusione. So da tempo che questi precipizi improvvisi e devastanti sono una espressione inevitabile della mia Silenziosa Compagna, che è destinata a restarmi accanto per il resto della mia vita. Il saperlo non mi consente né di governarli, né di prevederne in qualche modo l'arrivo, arrivano e basta, sono del tutto al di fuori della mia esperienza cognitiva, per non parlare della mia volontà.
In quei momenti, che possono dissolversi in poche ore - con l'aiuto dei fermaci - oppure ostinarsi nonostante ogni sforzo di arginarli per più di qualche giorno (ciò accade di rado, per fortuna), in quei momenti dicevo mi sento letteralmente spaccata in due, cento, o anche mille pezzi, frammenti di un mosaico che non sono in grado in alcun modo di ricomporre.


La scrittura?... Bene, la scrittura non è terapeutica, credetemi, anche se qualcuno lo potrebbe pensare, non "cura" un bel nulla, e in fondo nemmeno lenisce il male, e nemmeno ne riduce la durata o la frequenza. Del resto, nel corso di quei momenti io non sono in grado di scrivere anche una sola singola parola: il pensiero è sospeso, annullato. E inoltre nessuna scrittura di qualche senso potrebbe originarsi da quella confusione, da quella emozione del tutto destrutturata, un poco come lo sono i versi centrali di questa "canzonetta".

Ma con la scrittura posso tentare almeno di comprendere, nel senso letterale del termine: di raggranellare i frammenti, i cocci, per tentare di dare un qualche senso compiuto alla mia vita.

Amiche dilette, amici, condivido con voi questi mie pensieri, come di consueto, con amore.

M.P.


(P.S.: Il titolo si richiama al celebre saggio di Ronald Laing "The Divided Self" - 1955)





Io – Divisa


C'è chi sa intonare un canto
fluente, come un rivo
che dal monte giunge al mare
così, semplicemente.

Io ho ingombro di pietre
il letto del mio torrente, che frangono,
tagliano, frantumano, feriscono
la corrente.

Ciò che io vedo, nello specchio
è la frattura, il frammento
la scheggia schizzata
via dal piano.

Una mano, forse la mia stessa
v'ha scagliato un sasso, un tempo,
l'anima che vi si specchiava
ormai è dispersa.

Fratta, disgiunta, spaccata,
avulsa, non più una, cento mille
tessere d'un mosaico scomposto,
esploso dalla parete.

In ogni coccio, sul terreno,
sono io, identica ma differente
- da me, e dalle altre cento
me stesse, irrelate.

Vi è chi ha provato a ricomporre
questi cocci, forse io stessa,
ferendomi più volte le mani
sui margini taglienti.

Ho dato - ho sorriso - forse ho pianto -
ho creduto - ricucendo - incollando -
ho cercato la mia essenza - lo spirito
mio ancora franco.

Il corpo - di donna - desiderata -
a pezzi sul selciato - violata -
abbandonata - bleedin' blood
from her lips.

Eppure libera, come una brezza
che penetra ogni spacco, o connessura
tra pietra e pietra, s'insinua oltre i muri
di questa galera.

Ma prigioniera - di fatto -
tra muri di molecole
in fissione - e grido, al mondo -
la solitudine è disperante -

per lei - e lei - e lei, cioè io -
pezzi, che sono ognuno
ciò che io sono - inutile cercare
la saldatura -

Non si rimargina - la ferita -
il discorso - è incoerente - ecco sono
ciò che sono, incoesa: sono io,
ma non io, sono l'altra.

Un'altra donna, che si torce
che vorrebbe scomparire, oppure
che svanissero le altre mie, nel nulla
da cui s'erano manifeste.

L'inferno è nella mente, quando cerca
la risposta alla marea salina
che potrebbe investirmi in ogni istante
d'infinita prostrazione.

Il dolore sale, dal profondo
del cuore - Ho io un cuore? Uno solo?
Oppure cento? Cent'anime? Cento corpi vivi?
Oppure solo gelide figure

rifratte? Tremo quando gli angeli
verdemuschio mi afferrano e mi involano
per la stanza - candidamente bianca -
come un paradiso

di sventura - per tornar me - dicono -
e infatti io ritorno, quasi sempre,
spezzata, ma non piegata, ferita,
ma mai vinta.

Presumibilmente, ancora per un po'
procederò sulla mia via esposta,
senza sapere chi io sia,
percorrerò il mio torrente

fino al termine della valle.
Poi, mi riverserò nel piano.



Marianna Piani
Agosto 2014

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