«La Poesia è Scienza, la Scienza è Poesia»

«Beauty is truth. truth beauty,- that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.» (John Keats)

«Darkness cannot drive out darkness; only light can do that. Hate cannot drive out hate; only love can do that.» (Martin Luther King)

«Não sou nada. / Nunca sarei nada. / Não posso querer ser nada./ À parte isso, tenho em mim todos los sonhos do mundo» (Álvaro De Campo)

«A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it. A good poem helps to change the shape of the universe, helps to extend everyone's knowledge of himself and the world around him.» (Dylan Thomas)

«Ciò che premeva e che imparavo, è che in ogni caso non ci potesse mai essere poesia senza miracolo.» (Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 22 gennaio 2014

Viaggio d'inverno



Amiche care, amici

era fine Novembre, e in quei giorni dovetti compiere uno dei miei purtroppo sempre più consueti "pellegrinaggi di purificazione" - diciamo così - in clinica, per rimettere in fase il mio scassato orologio mentale.
La composizione che segue altro non è che la raccolta, forse disorganica e frammentata, appena un po' limata e riassestata, dei miei appunti, presi al volo, mentre la chimica sofisticata di un cocktail di farmaci sfrucugliava il mio cervello, e uno staff di giovani medici e infermiere si occupava maternamente di me. Ma non voglio drammatizzare, non stavo così male, era solo una delle tante tappe della mia vita da pendolare della salute (mentale), e infatti, come in tutte le altre occasioni ne uscii presto, un poco istupidita, ma un po' più salda sulle mie gambe, pronta a riaffrontare il mondo.


I luoghi di detenzione ispirano sempre inevitabilmente malinconia profonda, e la sofferenza, quella direttamente provata e quella solo osservata, scava l'anima. Per cui, certo, quelli che seguono non sono pensieri improntati a spensierata allegria e contentezza. Tuttavia c'è a volte più vita nella sofferenza che in una piatta assuefazione all'agio e al buonvivere, poiché essa acutizza la nostra sensibilità, e ci rende quanto mai consapevoli di esistere. E della bellezza intrinseca della vita, che ci fa tenere aggrappate con tutte le nostre forze alla nostra esistenza, e a noi stesse, per non perderci, e per non perdere la trama e il finale del film cui stiamo assistendo da protagoniste, commedia, avventura o dramma che sia…

Per voi, questi miei appunti, come di consueto, con amore.

M.P.





Viaggio d'inverno


Si sono alzate le nebbie:
l'oscurità precoce, e il dolore
di ogni notte, seguìta,
come un segugio la pista,
dallo smarrimento dell'alba.

Individui senza nome né volto
mi assediano, pronunciano parole
che io non accolgo, sebbene
sia un idioma che riconosco:
si stringono nelle spalle, raggelanti.

O forse da sempre rassegnati.
Vi sono donne qui, come me e altre,
che sono fragili vasi travolti
nel torrente impetuoso tra i sassi
e le rocce spaccate, affioranti.

Serene come officianti arcane
si aggirano figure vestite di bianco,
oppure di verde un po' stanco:
alcune di esse mi sorridono benevole, e questo,
ho appreso da tempo, non è bene.

Riconosco due angeli, nell'ombra,
che senza farsi udire, né quasi
vedere, scivolano tra i corridoi
e le camere bianche, recando con sé
ciò che v'è di più prezioso:

la loro costanza. Come un soffio
s'adagiano sulle palpebre socchiuse
di chi non conosce più nulla
del proprio destino, né del vicino
che mugola piano un suo pianto.

Odori si fondono a sapori, e vapori
saturano l'aria, rendendo il luogo peculiare.
Una luce giallastra, perpetua, trafora
le lastre delle finestre, che sono sigilli
pneumatici al mondo di fuori.

C'è chi vorrebbe perforare i muri
come uno spirito privo di consistenza,
c'è chi vorrebbe che quei muri
lo stringessero a sé per sempre,
come una madre tenera fa.

Conosco quaggiù persone
che sono altrove, e altre persone,
m'interrogano senza parola
dai loro occhi d'acqua, o di fuoco,
con una cruda luce nelle pupille.

Crudele il luogo, crudele
la luce di cui è fatta tutta
la solitudine che ci sovrasta,
crudele il delirio impotente,
crudele il tramonto, e cruda l'alba.

Crudele ciò che è stato,
crudele ciò ch'è a venire,
crudele l'uomo, crudele la donna,
crudele l'atto che li congiunge
e crudele più che mai quello

che inesorabilmente li distingue.
Il lungo corridoio si perde
in lontane stanze oscurate
a ogni luce d'intelletto,
ove la mente non più s'avventura.

Dal fondo - distante - una voce
ripete una frase, ripete
una frase, ripete una frase,
una sola frase, ripete,
indecifrabilmente, infinite volte.

Nessuno ti ascolta, qui, voce,
chi lo facesse impietrirebbe;
invece il mormorio si fonde col fiato
della notte, come un'eco indistinta
del mio stesso pensiero.

Dio, quanto freddo abbiamo
noi anime smarrite, tra queste coltri
che riscaldano i corpi
negando calore ai cuori,
aggrumiamo le mani intirizzite,

come in un gesto di preghiera
blasfema, nel suo essere
del tutto priva di fede.
Mentre sulla strada, ora deserta,
piove senza clamore,

e l'asfalto diventa come la pelle
d'un rettile immane.
Ripartirò allora, lo so, in una sera
come questa, di pioggia senza tregua,
saluterò soltanto il mio angelo officiante.

Un buon amico mi condurrà
alla soglia di casa, e se ne andrà zitto.
Lascerò che le gocce d'acqua
s'affollino sui vetri delle finestre,
come donne al mercato, affaccendate.

Non chiuderò le imposte, resterò
anzi a guardare quel formicolio baluginante
contro il nero denso del cielo.
E il riflesso del mio volto sulla lastra:
sarà cupo, o sereno, allora?

Ogni tanto all'improvviso, come una lacrima,
una goccia lascerà la sua inerzia,
e prenderà a serpeggiare in fretta
tra le altre, come presa da una smania,
e si annienterà nel rivolo sotto il telaio.

Nulla: io sarò libera allora, libera
di fissare il mio cielo nero,
libera di lasciare sul vetro la mia scia
di memoria e di pensiero, libera
di precipitare, tra le cose, tra la gente,

e di annullarmi nel rivolo freddo

del tempo.


Marianna Piani
Milano, 21 Novembre 2013


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